Note di regia del documentario "Eye
of the Beholder Artscape Nordland"
Il film è una coproduzione italo-norvegese, e se non è la prima, rappresenta sicuramente una rarità.
L’aver fatto un film assieme ha significato raddoppiare i punti di vista: quello di una donna norvegese specializzata nel film sociale o di natura, e quello un uomo italiano che ha realizzato più film con artisti internazionali. Si è creata una combinazione che ben si prestava a capire ed interpretare tutte le interrelazioni che erano successe tra il gruppo internazionale di artisti chiamato a realizzare delle opere in un territorio vasto dell’estremo nord, e i suoi abitanti, raccolti in piccole comunità, che vivono il luogo in cui vivono con grande intensità.
Per gli artisti è una grande occasione avere simili spazi per realizzare un’opera, e anche se non lo diranno mai, è nella loro indole colonizzare il territorio con le loro opere. I locali anche se non sempre capiscono l’arte contemporanea, intuiscono che rappresenta un mezzo per collegarsi al loro futuro, ma sono perplessi sul costo economico dell’operazione.
E’ su questa dialettica e sui suoi risultati, che è stato impostato il fiilm. A livello visivo è strettamente connesso allo spazio. Abbiamo voluto raccontare l’essenza di quei luoghi e il possibile intreccio con le opere realizzate, e la fisicità degli artisti, che parlano delle loro opere nei luoghi dove loro vivono e lavorano. In questa maniera si accorciano le distanze tra posti lontani, che nel film comunicano tra loro direttamente. Anche le distanze temporali sono relativizzate: la storia del naufragio di Pietro Querini avvenuta 500 anni prima, diventa il punto di partenza del film, perchè è qualcosa che non è stato mai archiviato, ed appartiene ancora al presente.
Annullare ogni distanza ci ha permesso di lasciare aperti più livelli d’interpretazione, e svelare indizi che permettono di percepire più di quello che si vede nel film, sfatare il pregiudizio, che una delle prerogative dell’arte, è quella di non esser compresa da tutti. Abbiamo aperto una fase dialettica, in cui può entrare ogni spettatore con un proprio punto di vista, che si può soffermare sui vari valori dell’iniziativa artistica filmata: sociali, artistici, paesaggistici.
Giampaolo Penco