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Elio Germano: "Penso ad ogni film come ad un esperienza
e ad un viaggio completamente nuovo"


Abbiamo intervistato l'attore Elio Germano, protagonista del film "Il Passato è una Terra Straniera" di Daniele Vicari, attualmente nelle sale di tutta Italia.


Elio Germano:
Dopo “Il passato è una terra straniera”, tratto dal romanzo Carofiglio, la vedremo a breve protagonista di “Come Dio comanda”, per la regia di Salvatores, tratto dal romanzo di Ammaniti. Qual è il suo rapporto con la lettura?
Elio Germano: Se mi capita di non aver letto il libro da cui il film a cui sto per lavorare è tratto, scelgo sempre di non leggerlo, e al massimo preferisco adottare delle letture che ne approfondiscano l’argomento. Già si combatte nel mio lavoro con tante gabbie mentali, e per non sentire la necessità di aderire a qualcosa di già scritto, preferisco fare così. Pensa che non vado nemmeno al cinema e cerco di non fare niente che possa interferire con il lavoro che sto per fare.

Nella sua carriera si è trovato ad interpretare molti ruoli anarchici o eccessivi. Come si pone Germano nell’interpretare questo genere di personaggi?
Elio Germano: Certamente questo non deriva da un mio calcolo. Penso ad ogni film come ad un esperienza e ad un viaggio completamente nuovo, anche perché si fa con persone sempre diverse e ognuno di questi lavori lo si dedica al regista di turno. Noi attori siamo come l’inchiostro di uno scrittore e rappresentiamo il corpo di quello che ha in mente il regista, facendo credere che si tratti di qualcosa che sta accadendo in quel momento. Per me è quindi difficile cogliere qualcosa da spettatore, perché quando mi approccio al mio lavoro finito chiaramente c’è un processo non oggettivo di visione del film. Non riesco a capire di me stesso che percorso sto facendo, se non a livello intimo ed estetico.

Due sono i mali maggiori che abitualmente si rintracciano nel campo del cinema: il primo è la mancanza di coraggio da parte di certi produttori ad investire in un certo genere di film; la seconda è legata alla cattiva distribuzione delle pellicole, come nel caso di “Sangue” di Libero De Rienzo, in cui lei è protagonista, uscito in sole otto copie, ma vincitore di molti premi all’estero. Cosa ne pensa in merito?
Elio Germano: Io penso che ci sia un problema in Italia non solo nel cinema, ma in tutti gli ambienti i lavoro. Viviamo in un momento storico complesso, che ha messo l’interesse economico al primo posto della classifica degli interessi di uno Stato. Questo atteggiamento di non considerazione della qualità, ma soltanto della quantità, intesa come introiti, sta avendo effetti in tutti i settori. Nel nostro, questo comporta che, nonostante si facciano già pochi film, i produttori facciano delle scelte solo se sicuri di rientrarci con le spese, e a volte lo fanno solo se ci rientrano solo in partenza. L’identikit di chi produce i film corrisponde a quello che deve fare i soldi, e già questa logica comporta un effetto molto complesso che si riscontra nel rapporto che ogni dipendente ha nei confronti del proprio posto di lavoro. Nella macroeconomia avviene che un film come “Sangue” venga distribuito in sole otto copie perché non h garanzia che possa far successo e non ci sono nomi di richiamo. Non si può rischiare di investire nella qualità di un film, ma si deve essere sicuri che quel progetto porterà dei soldi. Quindi spesso si fanno dei film “a pacchetto”, e purtroppo non esiste più la figura del produttore che crede in un talento.

06/11/2008, 19:12

Antonio Capellupo