"Il Grande Sogno": il '68 vissuto e raccontato da Michele Placido
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Il Grande Sogno” di
Michele Placido è un film sicuramente apprezzabile innanzitutto perché personale e sincero, nato appunto da un’esigenza estremamente autentica; è ben girato ed a tratti emozionante. Magari non è perfetto a causa di qualche problema strutturale della sceneggiatura (il personaggio interpretato da
Luca Argentero è per esempio un po’ dimenticato nella parte centrale, quello del padre di Laura appare un po’ macchiettistico) ma molto prima di porre critiche al film trovo giusto condannare fermamente l’atteggiamento di certi colleghi della stampa, qui in particolare nei confronti del film di Placido ma poi in generale, da anni almeno qui a Venezia, nei confronti del cinema italiano visto troppo spesso come una pecora nera a cui sparare addosso senza esclusione di colpi. A causa della generale indisponibilità, e anche maleducazione (si notino i fischi a
Carlo Rossella), della stragrande maggioranza dei colleghi presenti alla conferenza stampa, sulla stessa non rimane tanto da dire, e anche per questo motivo trovo assolutamente condivisibile l’ira di Placido sul finale dell’incontro con i giornalisti che non hanno saputo, o forse meglio voluto, centrare il senso e quindi l’autenticità dell’opera proposta. L’indignazione rivelata del regista è assolutamente condivisibile nei confronti di un comportamento che mi piace considerare non solo estremamente antipatico ed irrispettoso ma appunto scandaloso, sterile e patetico; sarebbe davvero ora quindi di finirla con certi atteggiamenti che non mi sembra esagerato definire insensati e rivelatori solo della frustrazione delle persone da cui provengono.
Per riprendere a parlare de “
Il Grande Sogno”, come mi sembra appunto più giusto e produttivo, non si può non considerare la buona fattura della messa in scena e la considerevole costruzione psicologica dei tre personaggi interpretati da
Riccardo Scamarcio,
Jasmine Trinca e
Luca Argentero, che hanno forse l’unico difetto di non essere stati maggiormente sfruttati molto probabilmente a causa di problemi dovuti alla durata del lungometraggio che comunque risulta tutt’altro che lungo. L’urgenza del lavoro di Placido è ravvisabile nel suo tocco appassionato e sentito, accompagnato dalla bella colonna sonora spesso malinconica e nostalgica del Premio Oscar
Nicola Piovani.
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Il Grande Sogno”, oltre a ben rappresentare il '68, è un film che narra della capacità intrinseca della società passata, ma allo stesso tempo poi anche contemporanea, di omologare ed in parte distruggere le coscienze ed i sogni delle persone; è un’opera che racconta di tre piccole o grandi esistenze che vengono sconvolte ed allontanate dagli eventi troppo più grandi di loro, un lungometraggio che, partendo da tre piccole vite, riesce a narrare dello smarrimento esistenziale di una generazione e di un mondo.
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Con il film”, ha precisato
Michele Placido durante la conferenza stampa, “
ho primariamente raccontato la mia storia e poi altre due appartenenti ad una memoria che non è la mia. I ragazzi che io stesso all’inizio manganellavo ai tempi del sessantotto quando facevo il poliziotto, poi mi hanno insegnato a vedere il mondo in modo diverso, e da lì è iniziato il mio percorso di uomo. Il mio non è quindi un film ideologico ma molto personale, che nasce dalla passione che ho vissuto, e portato nel personaggio di Nicola, di partecipare a qualcosa che possa rivelarsi davvero utile. Io continuo infatti a fare il '68 compiendo il mio lavoro”.
09/09/2009, 16:04
Giovanni Galletta