Molti dei fortunati che hanno avuto la possibilità di vedere “
Il Vento fa il suo Giro”, si saranno più volte domandati se il piccolo film fosse stato solo un caso, una goccia caduta per sbaglio nell'oceano distributivo italiano, o se dietro a quell'operazione si nascondeva un autore maturo, capace di narrare delle storie mantenendo un filo diretto con la realtà. Tanta era l'attesa per “
L'Uomo che Verrà” e finalmente Roma ha permesso di sciogliere l'amletico dilemma:
Giorgio Diritti è un autore con la “a” maiuscola, di quelli che raramente ti capita di trovare in giro e ti fanno domandare dove siano stati nascosti per tutto questo tempo. A cinquant'anni compiuti, gira un'opera seconda, la prima con un budget importante, con una maestria e un occhio realista, che gli permettono di non essere quasi mai banale e di non scadere negli stereotipi in cui un film del genere rischia spesso di scadere. La famiglia protagonista nel film, è frutto della fantasia di Diritti e degli sceneggiatori
Giovanni Galavotti e
Tania Pedroni, ma in quei volti si leggono le storie dei tanti braccianti e poveri lavoratori della terra, che in una sola notte videro la fine.
Alla base de “
L'Uomo che Verrà” ci sono le testimonianze dirette dei sopravvissuti, di chi non andrà a vedere il film a cinema per non soffrire, di chi parlando di quella notte regredisce alla fanciullezza spezzata, di chi vive ogni giorno con il senso di colpa di chi è rimasto vivo, ma forse solo per sempre.
Nel corso della conferenza stampa di presentazione,
Giorgio Diritti ha toccato molti temi, ma forse uno in particolare spiega totalmente il senso del film: "
La guerra trasforma la gente e gli fa fare cose che non avrebbero mai immaginato. Questo vale sia per i nazisti che per i partigiani, entrambi colpevoli di aver compiuto qualcosa di mostruoso uccidendo un loro simile".
21/10/2009, 18:11
Antonio Capellupo