Giovanni Galletta: "Dopo Quella Notte parla di un
gruppo di persone che ricostruiscono la loro vita
a partire da un forte momento di sbandamento"
Come nasce l’idea per la realizzazione del film "Dopo Quella Notte"?
Giovanni Galletta: L’idea del film ha preso spunto da un momento di crisi molto breve ma almeno altrettanto intenso. Nasce da una morte infatti, quella del lungometraggio che dovevo fare e che non ci sono state più le condizioni per girare. Mi auguro comunque ancora che questa morte sia recuperabile, è una faccenda troppo complessa per parlarne qui. Comunque non puoi sapere come mi sono sentito, anche perché non lo posso sapere nemmeno io dal momento che ho cercato di rimuovere la faccenda e sembra che ci sono riuscito. E’ stato molto doloroso, anche per le implicazioni dovute al rapporto con una persona che tuttora mi è molto cara e mi manca. Solo per l’istinto di reagire e quindi di sopravvivere infatti ho iniziato a scrivere la sceneggiatura di “
Dopo Quella Notte”, cercando primariamente di seguire la linea della mia poetica. Visti i risultati, e cioè l’inizio delle riprese a soli quattro mesi dalla fine della scrittura della sceneggiatura, e considerata adesso l’uscita in sala, non mi rimane che dire che è proprio vero che dalle più forti crisi arrivano le più grandi rinascite. E adesso che ci penso, guarda caso, il film parla proprio di persone che ricostruiscono la loro vita a partire da un forte momento di sbandamento, che nel loro caso è il più grande della loro esistenza.
Come ha scelto il cast del film, formato da un mix di giovani attori e di volti noti?
Giovanni Galletta: Su questo in particolare ho cercato di essere umile. Alcuni interpreti li ho scelti io, per il resto mi sono affidato al fiuto del produttore Andrea Iervolino e del direttore casting Mariano Cherubini. Certo vedere che attori così noti accettavano subito di partecipare al film è stata una iniezione di fiducia che mi ha dato molto coraggio ed incentivo a fare bene. Riguardo ai giovani attori la loro voglia di mettersi alla prova così completamente si è rivelato un dato non meno importante per la buona riuscita del lavoro.
Ci parli un po’ di come ha “impostato” il suo lavoro di sceneggiatore e di regista per “Dopo Quella Notte”?
Giovanni Galletta: Per essere davvero esaustivo sono convinto che risulterei troppo lungo. Non mi resta che rimandarvi alle note di regia (
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Il film racconta la storia di un gruppo di giovani. Su quale aspetto ha voluto focalizzare l’attenzione di questo gruppo di amici sconvolto da un lutto improvviso?
Giovanni Galletta: Ho cercato di raccontare del loro sconvolgimento, e quindi della loro sensibilità nei confronti dell’evento, poi ho voluto sottolineare la loro perdizione, il loro forte sbandamento esistenziale e personale. A livello narrativo soprattutto ho cercato di partire da me, e di raccontare così più o meno direttamente di alcuni momenti della mia vita in cui mi sono sentito davvero smarrito. Se adesso sono qui a scrivere vuole dire che, per quanto inestricabile si sia rivelata quella selva oscura in cui mi sono trovato, ho finito per uscirne. Certo come ne sono uscito ancora non mi è del tutto chiaro, e credo che sia questo il lato importante ed interessante di cui poi narra il film; ecco, “Dopo quella notte” parla della crisi più profonda e della via d’uscita, di un gruppo di persone che attraversano un tunnel in fondo al quale intravedono, lontanissima, una fioca luce che cercano di raggiungere. E c’è qualcosa che li guida, qualcosa che loro non possono riuscire a vedere; adesso che scrivo questa cosa mi vengono i brividi, solo io so il perché ma da quello che vedrete sul grande schermo magari si può capire. Il film è la storia del percorso di ricostruzione di tutti questi personaggi, ed il loro viaggio che ho raccontato è stato appunto anche il mio. Ogni personaggio principale poi ha un lato di me. Quello che li accomuna, a parte la figura della fidanzata del ragazzo che muore, è il cercare, aldilà della depressione, di comprendere perché gli è successo quello che gli è successo. Ognuno infatti fatica ad arrendersi alla negatività degli eventi, ognuno cerca di aggrapparsi a qualcuno o qualcosa per ritrovare la propria pace, la propria serenità e soprattutto la propria gioia, ed è questo che tenderà ad indicargli una salvezza ed una redenzione. Dopo quella notte è poi un film molto “spirituale”, con delle forti implicazioni metafisiche. E quindi il personaggio di Flavia, interpretato da Lucrezia Piaggio, è il più autobiografico ed il vero motore del film; la sua ricerca esistenziale e mistica è quella che conduce la narrazione. In due parole ho cercato di parlare della vita vera, e per farlo ho seguito questo tipo di mia credenza personale; per vivere e risolvere davvero la vita vera bisogna superare lo spauracchio più grande, e cioè quello della morte. Proprio per questo motivo credo che “Dopo quella notte sia primariamente un inno alla vita.
Il suo è un cinema intimistico che scava nelle insicurezze dei personaggi. Possiamo definirlo, quasi, un cinema cerebrale...
Giovanni Galletta: Non direi che scava nelle insicurezze ma anzi nella capacità che queste persone riescono a scovare di guardarsi dentro. Poi dipende da cosa intendi per cinema cerebrale. Di certo ho cercato di immaginare cosa poteva passare per la testa di questo gruppo di personaggi, ed in effetti le loro paranoie ed il loro sconvolgimento arrivano a dominare le loro esistenze. Ma da un altro punto di vista c’è molto di più, c’è anche il contrario infatti. C’è la realtà con le sue contraddizioni che arriva a mutare alla radice le credenze di queste personaggi, c’è la verità della vita che insegna a queste ragazzi che il mondo non è in quello che pensano, non è solo dentro di loro, ma è anche, e per certi lati soprattutto, al di fuori delle loro interiorità. Questo però non significa che quello che conservano nel loro profondo non sia importante anzi; lo è senza ombra di dubbio se depurato dalle paranoie e dalle paure, dalla contaminazione in cui irrimediabilmente siamo caduti crescendo che ci ha portati a perdere la purezza originaria nella quale vivevamo quando eravamo bambini. I protagonisti di "
Dopo Quella Notte" insomma compiono un percorso ed imparano lentamente a lasciarsi sorprendere dagli eventi a cui si trovano di fronte, a lasciarsi cambiare da essi. La vita insomma, nonostante la loro fermezza intellettiva dovuto allo sconvolgimento che provano, li cambierà, e questi ragazzi lentamente matureranno permettendo che la vita insegni loro che quelli che credono o di cui hanno paura può essere proprio il lato biologico dal quale estraniarsi per permettergli di ritrovarsi.
Tempo fa ha dichiarato che girare questo film è stata la più grande battaglia della tua vita. Ci puo' spiegare meglio questa affermazione?
Giovanni Galletta: L’ho dichiarato perché è da quando avevo tredici anni che sognavo di arrivare a girare un lungometraggio che uscisse in un certo modo nelle sale, e non sai quante ne ho passate per arrivare a questo risultato, compreso scoprire che gli pseudo amici e pseudo produttori a cui mi ero precedentemente affidato mi hanno tradito ignobilmente e poi truffato. In tanti infatti si sono approfittati della mia purezza; e questa è una cosa molto triste e tipica di certa gente che si incontra. Meno male che alla fine ho conosciuto Andrea Iervolino; credo proprio che sia stato un miracolo. Quello che è meraviglioso è il fatto che alla fine la mia purezza ha vinto e mi permette oggi di esprimere pienamente la mia vocazione di artista. Questa è la vera vittoria, aldilà di quello che il film potrà o non potrà incassare nei cinema, aldilà di qualsiasi ulteriore tipo di risultato che Dopo quella notte riuscirà ad ottenere in televisione, nei festival, con l’uscita o in DVD o attraverso qualsiasi altro tipo di canale con cui la produzione cercherà di rientrare delle spese sostenute.
Per concludere, cosa ne pensa dell’attuale panorama cinematografico italiano?
Giovanni Galletta: Non sopporto chi spara gratuitamente sul cinema italiano, mi sembra un atteggiamento ridicolo ed anche un po’ razzista. Certo nel nostro paese si fanno tanti brutti film, ma vengono girate anche bellissime o almeno meritevoli opere cinematografiche che raggiungono, o anche appunto non raggiungono, le sale. Qualche anno fa un noto regista diceva che un film su dieci arrivava ad uscire nei cinema, figuratevi adesso con la crisi. Alla luce di questa affermazione, a maggior ragione, so di quanto sono fortunato. I problemi relativi ai sovvenzionamenti statali ed al sistema sono a mio avviso così complessi e quindi difficilmente affrontabili che sarebbe troppo lungo e magari inutile starne a discutere qui. Trovo che chi vuole fare cinema, invece che lamentarsi, debba crederci sino in fondo, debba trovare la forza per non disperare mai. Io sono un regista che ha rintracciato questa forza, non so davvero come ma l’ho trovata. Adesso che ce l’ho fatta auguro davvero di cuore, a tutti coloro che hanno intenzione di seguire le mie orme, di riuscire a perseguire la stessa testardaggine che ho trovato in me e che mi porta oggi a fare cinema a livelli di un certo tipo. Forza, testardaggine ed un pizzico di fortuna; questi sono gli ingredienti che servono per fare cinema, ancora prima dell’eventuale talento di chiunque provi a navigare nel grande mare della settima arte, questo mare profondissimo, estremamente complesso e quindi pauroso ma allo stesso tempo, magari anche proprio per questo, meraviglioso.
06/07/2010, 13:52
Simone Pinchiorri