Note di regia del documentario "Il Colore del Vento - Un
Viaggio nel Mediterraneo sulle Tracce di Creuza de Mä"
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Oggi Creuza de mä è il canovaccio di un grande viaggio mediterraneo, un viaggio che dobbiamo continuare, magari cambiando protagonisti e luoghi".
(Mauro Pagani a Silvia Bischero – l’Unità, 25.8.04)
L’idea di questo documentario prende spunto dal disco Creuza de mä realizzato da Fabrizio De André e Mauro Pagani: "
Un esperimento sincretistico tendente a inventare un linguaggio in cui si riconoscessero e si identificassero tutte le genti del mediterraneo [...] un disco fuori dal tempo dove possono convivere nella stessa atemporalità episodi come A dumenega - che si svolge in realtà nella Genova di fine Ottocento - e Sidun - dove si parla della guerra arabo-israeliana di qualche anno fa" (Fabrizio De André in Ho licenziato Dio Cico Casartelli, Buscadero, Novembre 1966). Il disco narra la favola del viaggio della gente genovese lungo i mari e dentro il cuore dell’irrequietezza primordiale. Le sette tracce che lo compongono cantano e restituiscono suono e parola al senso di questo viaggio, lo stesso che ancora oggi marinai originari di terre lontane, compiono a bordo di centinaia di navi commerciali che tutti i giorni solcano il Mare Mediterraneo.
Il colore del vento riprende questo tema e lo fa suo, narrando di uomini che vanno per mare, non per piantare bandiere o croci né per aggiungere capitoli alla storia o nuove scoperte, ma per non lasciare mai spegnersi la febbre dell’inquietudine, o più semplicemente perché non c’è possibilità di riscatto dalla miseria di certe vite, né riposo alla maledizione di quell’insofferenza arcaica, che è “l’andar per mare”.
Il nostro film allarga volutamente i confini del viaggio di De André, individuando nei marinai di uno dei tanti cargo che solcano il mare, i protagonisti di questo film. Il cargo, nel suo percorso abbraccia tutto il Mare Mediterraneo, partendo idealmente da Barcellona, passando da Tangeri, Bari, la Tunisia, il Libano, Lampedusa e Dubrovnik, per approdare infine a Genova.
Bruno Bigoni