"Mi Pogolotti Querido" in anteprima alla 32° edizione del Festival
Internacional del Nuevo Cine Latinoamericano de L’Avana
Fine Ottocento, Italia: terra di povertà di risorse e di iniziative economiche. Si stima che a cavallo tra i due secoli siano espatriati in cerca di lavoro circa 10 milioni di italiani con medie che superano i 600.000 emigrati l’anno. In questo contesto si colloca "
Mi Pogolotti Querido", storia di una migrazione di successo, quella di
Dino Pogolotti, cittadino di Giaveno (TO) che ha lasciato la propria terra alla fine dell’800 per giungere a Cuba, passando per New York.
Quest’affascinante storia è stata indagata dalla regista torinese
Enrica Viola a partire dal 2007, quando ha posato il suo sguardo in un quartiere alla periferia de L’Avana ben lontano dai circuiti turistici, dove i residenti non sempre accettano di venire osservati . Il discorso cambia se si fa il nome di colui che è conosciuto nella capitale cubana per essere l’imprenditore edile che nel 1911 fece costruire quello che ancora oggi è noto come Barrio Pogolotti: quartiere popolare, costruito sul modello dell’edilizia sociale europea, caratterizzato da una propria identità culturale di stampo afro caraibico.
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Buonasera, ci sono degli stranieri che stanno facendo un’intervista" - dice la gente del Barrio - "
ci chiedono se noi sappiamo chi fu il fondatore di Pogolotti? Dino Pogolotti!" Intanto una signora alla fermata dell’autobus racconta: "
Dino Pogolotti un italiano...andò negli Stati Uniti e li conobbe sua moglie, il padre che aveva molti soldi gli dette denaro e loro vennero a Cuba. Lei era incinta e con i soldi fondò questo quartiere per dar lavoro agli operai. Il primo quartiere operaio di Cuba.”
La macchina da presa esplora questo vivace quartiere in cui le storie dei protagonisti, collocati in una dimensione intima e assolutamente realistica, si fondono con la storia di Cuba dell’epoca.
Graciela Pogolotti, nipote dell’emigrante italiano presto divenuto un personaggio leggendario a Cuba, porta al documentario una meravigliosa testimonianza. Donna non vedente dallo straordinario temperamento, intellettuale di punta del mondo cubano, racconta la sua storia mentre incessantemente batte sulla macchina da scrivere. Il suo racconto si mischia a immagini in dissolvenza di cartoline d’epoca di Giaveno e de L’Avana fotografata nei primi del ‘900 e di materiali d’archivio del Museo dell’Emigrazione: i biglietti e le locandine che annunciano le partenze dei bastimenti dai porti di Napoli, Genova, Marsiglia, fotografie, titoli di giornali e filmati d’archivio che mostrano emigranti italiani in partenza per “LaMerica”.
Camera car per le vie colorate del Barrio, riprese che privilegiano la luce naturale in costante equilibrio con l’ambiente della città, presa diretta dei suoni che provengono dalla strada, dai locali, insieme alle musiche originali realizzate da
Vito Miccolis con il gruppo
Calipson – sono alcuni elementi che caratterizzano questo racconto, fatto di immagini e di musica, capace di combinare una minuziosa indagine sul campo con l’appassionante storia di un piemontese che ha saputo lasciare un segno indelebile oltreoceano.
02/12/2010, 14:42