Note di regia del film "Tatanka"
Avere un talento al Sud non significa niente. Ci sarà sempre qualcuno pronto a denigrarlo, deriderlo o addirittura infamarlo. Il talento del protagonista è quello di avere un pugno potente.
Solo questo. Esiste un posto dove la forza può essere impiegata in modo strumentale. Spesso per fare del male. Nei luoghi dove è ambientato il film, usare bene il proprio pugno significa avere un’alternativa. Le palestre di pugilato in Campania sono l’ultimo baluardo della legalità, delle vere e proprie fortezze che rappresentano la strada privilegiata verso un destino diverso. I maestri sono figure leggendarie, depositari fuori dal tempo di un sapere unico. A loro interessa che i pugili siano uomini, prima che campioni.
In questi luoghi dove le porte delle docce sono divelte, le attrezzature arrugginite e i neon intermittenti, dove il sapore della fatica si avverte nell’aria, nasce la vera ispirazione del film.
Partendo dallo straordinario affresco di Roberto Saviano, abbiamo costruito una sceneggiatura che riportasse quest’atmosfera.
Il film ha un approccio neorealistico. Dalla fotografia alla scenografia, fino ad arrivare allo stile della recitazione, tutto è stato eseguito per ottenere la percezione di un verismo espressivo, accentuato persino dall’utilizzo del dialetto. Per fare questo sono state fatte delle scelte a volte rischiose. Per interpretare il pugile protagonista è stato chiamato un vero pugile, perché, credo, fosse necessario che il corpo diventasse lo strumento esclusivo per raccontare una storia di questo tipo.
La boxe nel film diventa la metafora della salvezza. La storia ruota intorno all’amicizia tra due ragazzini che crescendo prendono strade diverse. Scrivendo la loro vicenda, abbiamo cercato di sviscerare quelle che sono le dinamiche attraverso le quali la camorra impone il suo potere. Negli ultimi anni le facce dei malavitosi sono cambiate, non hanno più l’aspetto del gangster tradizionale.
Loro stessi amano definirsi imprenditori. E sono molte le imprese legali attraverso cui la malavita lava i suoi soldi sporchi. La camorra dà da mangiare a molte famiglie ma allo stesso tempo avvelena le loro terre – anche fisicamente –, sfrutta tutte le risorse. Come sfrutta il talento. Il sottotesto principale del film è proprio questo. Ma il pugile ha imparato la lezione e riesce nell’impresa. Omero diceva: “
Non c’è impresa più grande che quella realizzata con le proprie mani”. Lui lo sa bene e alla fine arriva a realizzarla.
Giuseppe Gagliardi