Marta tredici anni, ritorna a vivere insieme a sua madre e a sua sorella, a Reggio Calabria città nella quale è nata, ma che non conosce, essendo vissuta in Svizzera (in Ticino). Reggio, città caotica e in via di una disordinata espansione, è come un’adolescente cresciuta scompostamente troppo in fretta. In questo ritorno, “emigrazione di ritorno” il mare e il cielo blu sono solo un desiderio. Per lei più che per sua sorella e sua madre l’ambientarsi è molto problematico e il socializzare quasi impossibile. Le lezioni di catechismo in preparazione alla cresima, sacramento ridotto ad un rito e, impartite con didattica da quiz televisivi sono spesso incomprensibili e appartengono ad una realtà nella quale Marta non vive. Lei esile e fantasiosa, una vera aliena, in un mondo fatto di apparenze, cerca sbocchi di vera vita al di fuori della grigia realtà della vita quotidiana, nelle sue fughe o nel prendersi cura di qualche animale abbandonato. Il mondo le va stretto e gli adulti la opprimono. Nel suo universo sociale orbita anche il Parroco, Don Mario, religioso non per vocazione ma per interesse e per desiderio di potere. Marta vuole evadere e così anche Don Mario, lei per desiderio di vivere i suoi sogni, lui per avere una parrocchia più grande, diventare più influente e forse diventare anche vescovo. In questo contesto di degrado urbano e di folclore della fede, si inserisce il simbolico l’episodio del crocifisso figurativo che dovrebbe sostituire quello al neon pacchiano e più da bar che da chiesa, che il traffichino Don Mario recupera in una chiesa abbandonata da dio e dagli uomini, ma che nel trasporto finisce in mare. Naufraga il Crocifisso e anche la speranza di don Mario di lasciare la parrocchia e diventare più importante. Marta, questo corpo celeste, in mezzo ad un ambiente depresso e materialistico, dove nemmeno la fede riesce a dare più un senso alla vita, continua, come in una favola a cercare la sua strada.
Con "
Corpo Celeste" appare nel panorama del cinema italiano una nuova valida voce quella della ventisettenne
Alice Rohrwacher al suo primo lungometraggio- produzione italo svizzero
Amka Film e
RSI. Una pellicola ben congegnata, intensa e ben interpretata sia dalla piccola protagonista (
Yile Vianello) sia da attori professionisti (
Salvatore Cantalupo,
Renato Carpentieri,
Anita Caprioli). Pur affrontando diverse tematiche fondamentali della vita odierna italiana (forse troppe) quali il ruolo della religione, l’inserimento in un nucleo sociale nuovo da parte di un adolescente, la crescita di una città, la neo regista si destreggia egregiamente dando alla pellicola il suo giusto registro narrativo che oscilla tra il lirico e il reale.
29/05/2011, 10:51
Martine Cristofoli