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10 ANNI DAL G8 - Guy Chiappaventi: il
ricordo del G8 per cinemaitaliano


Inviato speciale di "LA7", seguì il G8 di Genova nel 2001. Per il nostro giornale racconta un'esperienza che ha sicuramente lasciato il segno. Secondo Amnesty, "la più grave interruzione dei diritti civili in Europa dopo la II Guerra Mondiale".


10 ANNI DAL G8 - Guy Chiappaventi: il ricordo del G8 per cinemaitaliano
Ho in testa l’inizio e la fine.
L’inizio sono i muri. Genova, quando il 17 luglio 2001 scendo alla stazione Brignole dal treno speciale dei no global partiti da Roma, è piena di muri. Non sono mai stato a Belfast ma me la immagino così mentre vado verso l’albergo che è appena fuori dalla zona rossa: una città vuota, fredda anche se è la metà di luglio, un senso tragico di vigilia.
Luca Casarini, il leader del Movimento, ha annunciato che violerà l’area proibita con i suoi. Dall’altra parte, quella della polizia, girano le voci più terribili: c’è un report dei servizi segreti che dice che gli antagonisti hanno preparato degli aerei telecomandati carichi di bombe di sangue infetto.
Il sangue, non infetto, è la fine. E’ dappertutto quando con la troupe finalmente i poliziotti mollano lo sbarramento della Scuola Diaz, la domenica sera. Ci hanno chiamato quando credevamo che era tutto finito: i leader ripartiti tutti, finalmente l’ora di una cena.
Nella strada, c’è un elicottero che vola appena sopra i palazzi, di continuo. Il suo faro brucia il buio. I parlamentari sventolano il tesserino della Camera per entrare: niente da fare. Nella scuola non si passa fino a quando l’ultimo ferito con la testa fracassata non è uscito in barella. Dico all’operatore, un uomo molto più vecchio di me, sconvolto: "Non toccate niente".

Questo invece sembra il Cile di Pinochet, lo stesso evocato dagli uomini in divisa che  hanno cantato davanti ai manifestanti in manette nel carcere di Bolzaneto: “Un, due, tre, viva Pinochet”. Li costringevano a stare in piedi sui muri, su una gamba sola: si chiama il passo del cigno.

Genova 2001 è troppe cose e troppe immagini.
Amnesty International l’ha definita la più grave interruzione dei diritti civili in Europa dopo la fine della seconda guerra mondiale. Genova in quei giorni è un territorio fuori controllo: i black bloc scassano tutto, indisturbati. Sfilano vestiti di nero, con una marcetta, suonando i tamburi. Scassano vetrine, bruciano macchine, rompono gambe ai cameramen: nessuno li ferma.

I dimostranti finiscono sotto l’attacco delle forze dell’ordine. Mentre un gruppo di violenti sta assaltando il carcere di Marassi, i carabinieri puntano il corteo delle tute bianche. E’ alla fine di quello scontro, durato ore, che a piazza Alimonda cade Carlo Giuliani.
Mi ricordo il lenzuolo. Sono con una ragazza che fa le riprese: dopo ore di battaglia non vuole venire in piazza, devo farla chiamare dal vicedirettore per convincerla a raggiungermi.

Al G8 non muore solo Carlo Giuliani. Muore il Movimento, trascinato nella trappola astuta della violenza. Il colpo finale, a tutti quei temi che solo oggi tornano in piazza con tutta la loro forza e le loro ragioni, arriverà qualche mese più tardi con l’11 settembre.

Ma c’era un senso in quella protesta: basterebbe pensare al referendum stravinto per l’acqua pubblica lo scorso giugno. Una delle battaglie di quei giorni.

Mentre scrivo ancora non so se dieci anni dopo tornerò a Genova. Ovviamente dopo il 2001 ci sono tornato ancora, tante volte. Per i processi ai poliziotti che hanno fatto tutti carriera, per esempio.

Non bisognerebbe mai tornare dove si è vissuta un’emozione troppo forte.


Guy Chiappaventi
Inviato di "LA7" al G8 di Genova - Autore dei libri, "Baghdad Anno zero", "Pistole e Palloni", "La valigia del Centravanti"

20/07/2011, 09:00