Note di regia di "Nemos Andando per Mare"
Nel 2005, ad Olmedo, nella Sardegna nord-occidentale, effettuai le riprese di Panas, un cortometraggio basato sull'antica leggenda sarda delle panas, i fantasmi delle donne morte di parto. Nella realizzazione decisi di coinvolgere l'intera comunità olmedese che, ormai, di quella leggenda, sembrava aver perso ogni ricordo. La realizzazione del film si trasformò in una vera e propria missione comune di auto-riconoscimento collettivo in quella storia e nei suoi personaggi. In poche settimane, la tradizione riemerse forte, nei racconti delle persone più anziane del paese e nelle coscienze dei più giovani. La morte nel parto, non è più, fortunatamente, un evento così frequente ma è rimasto il ricordo doloroso di un’epoca in cui lo fu. In quella circostanza la comunità, auto- rappresentandosi, si fece portatrice, allo stesso tempo, della sua cultura più antica e ancestrale e della propria contemporaneità. Una auto-rappresentazione popolare che portava sullo schermo interpreti potenti e credibili, rendendo una piccola storia di paese una grande storia universale.
Negli anni successivi mi sono dedicato a progetti legati strettamente all'attualità politica, economica e sociale del mondo agropastorale. Due lavori in particolare, il lungometraggio documentario Capo e Croce, e poi la fiction etnografica Maialetto della Nurra, mi hanno permesso di conoscere ancor più da vicino il mondo delle campagne e mi hanno confermato la straordinaria capacità dei sardi di "inventare storie", reinterpretare, raccontare. E hanno rinsaldato in me l’amore per la musicalità della lingua sarda in tutte le sue varianti, che si esplicita sotto forma di poesia nella cultura colta e popolare dell’isola. Ho iniziato a concepire allora la sfida di affrontare cinematograficamente, in un lavoro corale di auto-rappresentazione le nostre più antiche e universali radici mediterranee, grazie al più meraviglioso dei racconti senza tempo che è il viaggio di Ulisse, usato come canovaccio sul quale far “improvvisare” i miei attori estemporanei, e con loro io stesso e tutto il cast tecnico e artistico. Un’improvvisazione guidata sulla quale si è fondata una parte della scrittura e della messa in scena e che ha permesso di tenere il racconto epico fuori dal suo tempo, in un tempo sospeso, anzi, fra la contemporaneità e il mito.
Nasce così, Némos andando per mare, che è un film sognante e ironico, a volte ingenuo, a volte comico e istrionico, a volte struggente; un film sulla fantasia, sulla solitudine, sulla gioventù dell’anima che combatte la vecchiezza del corpo, sul desiderio e sul senso di appartenenza; un film sul mondo che cambia, su chi parte e su chi resta, un film sul senso ondivago del dovere, sull’amicizia, sull’accoglienza; un film sul valore relativo del tempo; un film un po’ al maschile, forse, ma sull’uomo che cerca di cambiare perché è cambiare che deve, com’è cambiato Ulisse, rispetto agli eroi dell’Iliade. Non più eroismo e certezza, ma debolezza e dubbi. Non più viaggio per espugnare fortezze ma pellegrinaggio in un mondo devastato e pieno di incubi, un mondo che cambia e in cui è difficile orientarsi. Restano gli incontri, i sentimenti, l’aiuto reciproco e il sogno.
Marco Antonio Pani