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FESTIVAL DI ROMA Solarino - Marchioni, faccia a faccia


In scena il consueto appuntamento con i duetti: sul palco Valeria Solarino e Vinicio Marchioni svelano i loro segreti per entrare nei personaggi


FESTIVAL DI ROMA Solarino - Marchioni, faccia a faccia
Valeria Solarino e Vinicio Marchioni: cos'hanno in comune questi due nomi?
Be', sicuramente, oltre a un indiscusso talento, si tratta di due interpreti che hanno fatto breccia nel cuore del pubblico più giovane, un primato non indifferente per due attori italiani.

"Ho “conosciuto” Vinicio con il film 20 sigarette, e ho trovato la sua interpretazione dirompente".
Così la Solarino sul suo collega, che pure non ha lesinato complimenti quando è toccato a lui: "Quando ho visto Fame Chimica, la prima cosa che ho pensato di lei è stata: “E questa chi è?”. Valeria ha una classe innata, e al contempo un'aggressività filtrata da una malinconia che la caratterizza moltissimo".

I due attori hanno parlato a lungo del loro mestiere, dei ruoli prediletti e del diverso modo di approcciarsi ai personaggi che interpretano. Per Valerio Solarino "non c'è un metodo standard per avvicinare un certo ruolo. Ad esempio per Viola di mare (film nel quale interpretava una ragazza lesbica nella Sicilia dell'800 ndr) il percorso fu quello della fisicità: ricordo che mi legai dei pesi alle caviglie per appesantire la camminata, renderla più mascolina. Un attore deve mettersi a disposizione della parte che deve recitare".

Per Vinicio Marchioni, stella della serie Romanzo Criminale, lo studio sul Freddo è avvenuto proprio in funzione di una limitazione della gestualità. "Fin dall'inizio ho provato a immaginarlo come chiuso in una cabina. I suoi movimenti ne risultavano così limitati che ho capito che sarebbe stato il modo migliore di rendere la sua rigidità".
E non riesce difficile immaginare come, a un attore come Vinicio – affetto da un handicap che per uno che fa il suo mestiere potrebbe essere insormontabile, la balbuzie – riesca più naturale lavorare per sottrazione.
"Con il tempo ho cercato di fare di questa mia debolezza un punto di forza. Per superarlo, mandavo a memoria non solo le mie parti, ma anche quelle degli altri; in questo modo – ha concluso Marchioni – ho imparato che più si piega la parola alle proprie esigenze, più si dà un'impronta personale alla propria interpretazione".

03/11/2011, 13:04

Lucilla Chiodi