Era nato quasi come un filmino di famiglia. Uno dei bar più strambi di Roma lasciava la sua sede storica e avevo pensato di fare qualche ripresa giusto per raccogliere una testimonianza. E poi… e poi il trasloco veniva continuamente rimandato. Aspettando che si compisse ho cominciato a scoprire il mondo intorno al bar. Ho cominciato a conoscere meglio Vezio - l'essere umano dietro il personaggio - i suoi clienti: muratori, impiegati, studenti, negozianti, quelli che al centro storico ci abitano, quelli che ci vengono solo a lavorare… un pezzo della città che conoscevo poco, ma di cui avevo spesso sentito parlare anche senza sapere dov'era. Perché chiunque – anche chi non abita a Roma - ha sentito nominare Botteghe Oscure, ha visto nei filmati dell'Istituto Luce Mussolini che eccita la folla dal balconcino su Piazza Venezia, è rimasto in silenzio davanti all'immagine della Renault 4 con il cadavere di Moro ritrovata in via Caetani, ha sentito parlare dell'oro di Roma e della persecuzione degli ebrei del Ghetto.
Così un altro desiderio ha preso il sopravvento: raccontare la Storia ufficiale attraverso le sue comparse, le persone che si trovano al margine: oltre le transenne dei grandi eventi, nella folla dei cortei, nelle scene di massa di un film, dietro la scrivania di una segreteria di uno dei più grandi partiti italiani. O sulla porta del bar, appunto. Per fare questo è stato inevitabile mischiare gli stili: la docusoap con il documentario sociale e quello storico. Il repertorio, le interviste, il pedinamento della realtà.
Questo film è uno sguardo attraverso il buco della serratura di un retrobottega a quello che si svolge nella sala principale e che ha l'onore delle cronache, va sui giornali e in televisione. Noi, stiamo tutti dall'altra parte.
Mariangela Barbanente