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RENATO POZZETTO - Tra il cinema d'autore e la Fenech


Il comico lombardo ospite d'onore dell'ultima giornata al festival ticinese. Le sue dichiarazioni


RENATO POZZETTO - Tra il cinema d'autore e la Fenech
Ho iniziato ad avvicinarmi alla musica, con Cochi Ponzoni e altri, a Gemonio dove le nostre famiglie erano sfollate. Poi a Milano abbiamo iniziato a frequentare un circuito di artisti, proponendo le nostre canzoncine (molto apprezzate, tra l'altro, anche da Lucio Fontana che ci diceva di andare a Sanremo!). Lo facevamo per noi, poi è capitato di conoscere altri artisti, come Jannacci e Fo, e abbiamo poi aperto un cabaret noi, frequentato inizialmente solo da artisti (teneva 25 persone al massimo!). Lavoravamo di giorno, e la sera ci esibivamo. Poi siamo andati al Derby e per 7-8 anni ci siamo occupati - che parolone! - della direzione artistica. Era un ambiente molto creativo, ci divertivamo tra di noi ed è stato naturale attirarne anche altri.

La surrealtà dei nostri numeri è nata come risposta alla classicità della canzoni che si sentivano in tv. Quando siamo arrivati a Canzonissima - con la Carrà che non ci poteva vedere, avrebbe ucciso volentieri Massimo Boldi! - abbiamo evitato il contatto "fisico" inventandoci il numero del periscopio... E abbiamo creato il primo videoclip italiano!

Con il cinema ho sempre avuto un buon rapporto, fin dall'inizio. Mi piaceva essere preciso e soddisfare le esigenze dei registi, ma questo non escludeva il fatto che potessi essere libero e proporre le mie idee.
Di Lattuada ricordo che parlava sempre di alberi, natura e culi: era convinto che parlare con le piante le aiutasse a crescere più sane e rigogliose, io forse sui culi me ne intendevo di più. Era un uomo severo, ma...

Stavo girando "La patata bollente", c'era una scena nudi nella vasca da bagno con Edwige Fenech. Mentre giravamo la scena, il direttore della fotografia ferma tutto perché non funzionava una lampada. Volevo uscire - mi si era "irrigidito" il meccanismo - e invece è uscita lei, si è abbassata l'acqua e... Il tecnico delle luci mi guardò e mi disse: "Certo che l'attore è un lavoro duro!".

Personalmente mi vergogno di aver fatto alcuni film. Per esempio "Le nuove comiche", ero felice di lavorare con Villaggio ma non del film, eppure ha incassato molto.
Non so se i miei film entreranno nella storia del cinema, di certo non li ho fatti per questo. Non mi dispiacerebbe però che fra 30 anni i ragazzi potessero divertirsi ancora riguardando "Il ragazzo di campagna"!

11/08/2012, 17:45

Carlo Griseri