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MATTEO BERNARDINI - "Presto il mio primo lungometraggio"


Torinese, noto a livello internazionale per alcuni suoi lavori sul cortometraggio, Matteo Bernardini si racconta. In attesa del primo film.


MATTEO BERNARDINI -
Matteo Bernardini by Giovanni Troilo
Si è fatto conoscere per aver vinto un contest internazionale e aver potuto realizzare un videoclip per Moby. Da lì la sua carriera è proseguita, e Matteo Bernardini, giovane regista torinese, ha potuto lavorare con personaggi come Oona Chaplin (nipote d'arte), e partecipare a importanti festival internazionali. Nel suo prossimo futuro l'esordio nel lungometraggio: lo abbiamo intervistato per saperne di più.

Iniziamo da te: quali sono stati i tuoi inizi?

Per quanto riguarda il mio percorso, ho iniziato frequentando una scuola di cinema, la sede londinese della New York Film Academy. Tornato in Italia ho iniziato a lavorare come assistente alla regia (all’inizio rigorosamente “volontario”) sia al Cinema che all’Opera (avendo l’opportunità di lavorare con registi come Robert Carsen, Michele Placido e Cristina Comencini). I set sono stati per me una lezione sul funzionamento della macchina-Cinema e qui ho avuto modo di conoscere alcuni fra i miei collaboratori di sempre (giovani professionisti che hanno firmato i miei lavori); in più questi luoghi sono stati anche il modo per entrare in contatto con grandi professionisti affermati con cui ho sviluppato e sto sviluppando nuove collaborazioni.
Internet in generale e i social network in particolare si sono rivelati importantissimi: grazie ad essi mi è stato possibile contattare attori stranieri e trovare collaboratori di altri Paesi. Grazie alla mia attività ho imparato a rivalutare questi strumenti e anche a capire quanto fossero indispensabili per il lavoro stesso e ancor più per la sua promozione: inizialmente li guardavo con diffidenza, almeno fino a quando Microsoft non mi ha contattato e ha scelto Facebook per farlo. Da lì ho decisamente modificato rotta!

Hai girato diversi corti: quali ritieni più importanti?

Il videoclip “Ooh Yeah!” che ho girato per Moby è stato l’inizio di una bella avventura internazionale.
Dopo sono venuti altri video musicali e cortometraggi fra cui, appunto, “Vampyre Compendium”. Questo lavoro ironizza sui cliché del genere vampiresco classico, e oltre ad essere stato presentato fuori concorso a Venezia, è stato candidato ai David e ha vinto il premio per la migliore attrice (Oona Chaplin) all’importante Rhode Island International Horror Film Festival.
Vi sono stati poi vari altri lavori, fra cui un cortometraggio commissionato dalla Regione Piemonte, “Peace Riot”, che coinvolgeva davanti alla macchina da presa (ma anche dietro le quinte, a supporto della troupe) un gruppo di studenti di un istituto superiore e ragazzi di centri aggregativi diurni, e “Treated”, un brevissimo viral che ho concepito e diretto per Halloween e che nel giro di un anno e mezzo ha avuto un grande successo sul web (selezionato dallo staff di Vimeo, selezionato dal sito de La Stampa) e in televisione (passaggi presso i Tg Rai).
Dopo aver visto i miei lavori, la Microsoft mi ha contattato per diventare un testimonial della campagna di lancio di Windows7: sono stato l’unico regista e l’unico italiano ad essere stato coinvolto nel progetto, e il frutto della collaborazione è stato l’affresco generazionale “Eyes Wire Open - Ritratto di una generazione”, andato in onda su Deejay TV.
In tutto questo è successa una cosa molto bella: Wired Magazine mi ha definito “The Next Big Thing”.
Tra gli ultimi lavori, pronti per i festival, vi sono il cortometraggio “The Music Lovers” (lavoro interamente musicale e che mostra l’incontro/scontro fra culture attraverso la musica stessa, prodotto da Fondazione CRT, Città di Torino e Sostegno Armonico) e il documentario d’arte contemporanea “Segni d’Incontro”, girato in Tunisia.
Tengo a puntualizzare che, nonostante tutti i lavori fossero concepiti per una diffusione internazionale (e in tal senso distribuiti), le troupe che ne hanno permesso la realizzazione sono quasi interamente torinesi, a riprova del fatto che abbiamo grandi talenti in loco, anche molto giovani.

Quanto è importante il lavoro sul cortometraggio? Com'è la situazione in Italia per un giovane regista che cerca di farsi strada?

Io amo molto la narrazione breve, e indubbiamente cimentarvisi è sia una palestra che un’opportunità per accedere ad altro. Alcuni miei lavori brevi, per esempio, sono stati visti da importanti professionisti che stimo molto e mi hanno permesso di entrarvi in contatto e sviluppare con loro progetti nuovi, fra cui il mio lungometraggio d’esordio.
Parlando della situazione italiana, vorrei evitare di ripetermi in frasi fatte che sono già state dette e sentite a dismisura. La situazione è indubbiamente critica, e credo che sarebbe necessario che le istituzioni di riferimento fossero le prime a tenere d’occhio i talenti emergenti (anche locali), che certo non mancano.
E’ anche vero che nella regia – più che in altri settori – non esiste una strada uguale all’altra. Mi spiego: non esiste un solo regista il cui iter artistico sia uguale a quello di un altro. Questo perché alcuni approdano alla regia dalle assistenze sui set, altri dalle scuole di cinema, altri ancora dal mondo della post-produzione e dei VFX (si prendano ad esempio certe nuove leve nell’ambito dei video musicali); ciò che si può fare, a mio avviso, è raccontare la propria storia e fornire spunti ad altri che poi, inevitabilmente, prenderanno le loro decisioni e le loro strade.

Hai citato "Segni d'incontro", un documentario d'arte contemporanea. Di che si tratta?

Si tratta di uno dei miei ultimi lavori. E’ un documentario breve, e racconta l’incontro artistico e umano fra due importanti artisti contemporanei, Agostino Ferrari (allievo di Fontana) e Nja Mahdaoui (uno dei più importanti calligrafi del mondo arabo). Entrambi da sempre lavorano sul segno e sul suo significato, ma non si erano mai incontrati.
Seguendo Ferrari in Tunisia, ho documentato insieme con il direttore della fotografia Alessandro Dominici e la critica d’arte Martina Corgnati questo incontro, culminato in un’affascinante performance a quattro mani.
Tengo molto a questo progetto, anche perché si tratta della mia prima incursione nel mondo dell’Arte Contemporanea. In più, poter documentare e testimoniare l’energia della creazione artistica ad opera di due grandi Maestri che, superati i settant’anni, si sono messi in gioco in questo modo è stato per me un grande privilegio e una vera lezione d’arte e di vita.

Stai iniziando a lavorare al tuo lungo d'esordio: cosa puoi già dire? A che punto sei?

Sul lungometraggio non posso ancora dire nulla, ma spero di potervene parlare presto.
E’ un progetto a cui lavoro da lungo tempo, e sono molto contento perché sto mettendo insieme una troupe tecnica e artistica di altissimo livello. Non vedo l’ora di cominciare!

15/01/2013, 10:00

Carlo Griseri