QUATTRO NOTTI DI UNO STRANIERO - In sala dal 14 Febbraio
Un uomo sta fermo sul ciglio di una strada in attesa di qualcosa, o di qualcuno. Resta immobile, mentre la città notturna pulsa attorno a lui.
Si apre così "
Quattro notti di uno straniero" di Fabrizio Ferraro, liberamente ispirato a "Le notti bianche" di Fëdor Dostoevskij, opera che già in passato ha saputo illuminare importanti cineasti.
Proseguendo il proprio percorso filmico, iniziato con "Je Suis Simone (La Condition Ouvriere)" e proseguito con "Piano sul Pianeta" e "Penultimo Paesaggio", Ferraro scrive per immagini un'opera sperimentale, a tratti rivoluzionaria rispetto alla classica produzione italiana.
La storia di Marco e Caterina, fatta di incontri silenziosi in una Parigi cristallizzata, è narrata attraverso un'utilizzo anarchico della macchina da presa, che ora si sofferma per pochi secondi, ora rimane inchiodata per quasi dieci minuti.
Il tempo scandito non è così più quello della narrazione classica di un evento, bensì quello dell'anima, libero da ogni gabbia, incontrollabile.
Così, lo sguardo dello spettatore si aggancia in modo voyerista al continuo ripetersi delle azioni quotidiane, mentre attorno le figure si disperdono in un bianco troppo chiaro o in un nero troppo scuro, diventando un tutt'uno con la grande città.
Mission dichiarata di Ferraro è di restituire la perduta tattilità al cinema,caratteristica ormai dimenticata a causa del predominio della parola sull'immagine.
Un'impresa difficile quanto coraggiosa, supportata dalla Boudu che farà uscire il film in 20 città italiane a partire dal 14 febbraio.
29/01/2013, 08:00
Antonio Capellupo