Note di regia del documentario "Pietro
Mennea. Diciannove e Settantadue"
Perché mi interessa questo film? Perché lo sento diverso da un qualsiasi documentario sportivo? Perché la parabola umana di Pietro Paolo Mennea è una metafora stupefacente sull’abnegazione. E sulla semplicità, sull’innocenza, sulla discrezione. Tutte qualità che mi interessa indagare. Oggi i miti sembran fatti di carta, bruciano subito. Mennea è stato una stella per gli anni Settanta e Ottanta, un tempo in cui tutto era mitico: sembrano anni distanti quanto l’antica Grecia, o il regno di Babilonia. Il passato è veramente una terra straniera. Mennea non fu un tronista. Ha saputo compiere rinunce, stringere i denti, costruire il suo lavoro giorno per giorno. Con la dignità di un operaio, di un metalmeccanico, di un italiano medio. Forse proprio per questo è stato un eroe del pubblico. E ha continuato ad esplorare i suoi limiti, portandoli sempre un pelo più innanzi. Ma ha anche saputo fermarsi. E portare la disciplina nella vita di ogni giorno.
Sergio Basso