ANTONIONI E LA MUSICA - Un rapporto mai banale
"Interrogato da Mario Verdone sulla funzione della musica nel proprio cinema, Michelangelo Antonioni aveva risposto con molto humour invitando Giovanni Fusco -
vero e proprio alter-ego musicale del regista - ad uscire dalla sala, perché forse gli sarebbe dispiaciuto ascoltare quello che egli avrebbe detto". Da questa citazione, segnalata anche nella quarta di copertina del volume, si capisce quanto interessante e stimolante possa essere
un volume come quello realizzato da Roberto Calabretto per Marsilio, intitolato semplicemente "Antonioni e la Musica".
Il regista non amava la classica musica da film, e ancor meno l'utilizzo che ne faceva alla sua epoca il cinema italiano, come anche quello americano. Nel suo cinema, sia di finzione sia documentario,
la musica è "realistica", utilizza cioè anche i rumori e le sonorità elettroniche, lontana dagli stereotipi che allora imperversavano.
Dopo l’esperienza di "Deserto rosso", affidato alla musica elettronica di Gelmetti, con "Blow-up" Antonioni abbandonò definitivamente la musica cinematografica d’impianto tradizionale e
si servì della musica del consumo giovanile di quegli anni, spaziando da Herbie Hancock ai Pink Floyd per giungere a Lucio Dalla. Un autore mai banale, nel suo cinema come nel rapporto con la musica.
Calabretto è professore associato al Dams dell'Università degli Studi di Udine, dove insegna Musica per film, e collabora con l'Università degli Studi di Padova. Ha pubblicato monografie e articoli sulla musica nel cinema di
Pier Paolo Pasolini, Michelangelo Antonioni, Robert Bresson, Alain Resnais, Luchino Visconti, Andrej Tarkovskij e altri registi.
03/06/2013, 09:00
Carlo Griseri