Se tornasse il messia, saremmo pronti ad accoglierlo? Lo accetteremmo per quello che è, o cercheremmo di farlo diventare simile a come ce lo siamo immaginato nel lungo tempo in cui lo abbiamo atteso? Quando Kaspar Hauser giunge dal mare nella sua isola, ogni abitante vede in lui quello che vuole o che teme, e si comporta di conseguenza: il nostro essere umani ci impedisce di accettare l'altro (chiunque sia) senza investirlo delle nostre aspettative e delle nostre paure.
In uno splendido bianco e nero che valorizza le spoglie - ma altamente evocative - location sarde del suo film (siamo all'isola dell'Asinara e sulla penisola del Sinis, in Sardegna),
Davide Manuli col suo "La leggenda di Kaspar Hauser" torna al cinema proseguendo nel suo personalissimo percorso di narrazione con un lavoro in linea coi precedenti
"Girotondo, Giro Attorno al Mondo" e "Beket".
In una società in cui quello che siamo ci viene imposto e dobbiamo tutti recitare il nostro ruolo (lo sceriffo, il pusher e il prete hanno scritto sulle loro vesti chi/cosa sono),
Kaspar Hauser porta invece tatuato sulla pelle il suo nome, e il suo ripetere incessantemente come un mantra "io sono kaspar hauser" quasi a qualunque domanda gli venga posta serve a esorcizzare questo processo. La musica (forse) ci salverà, posta su piedistallo (con scritto a chiare lettere "stereo") e miraggio paradisiaco, "luogo" virtuale in cui recuperare la propria identità (o perderla inevitabilmente, ma consapevolmente).
"Non sei di facile lettura, vai decrittato", dice il prete a Kaspar Hauser, ma il messaggio è rivolto (anche) al pubblico, che troppo facilmente si fa respingere - chi fuori dalle porte del cinema, chi pochi minuti dopo l'inizio della proiezione - da un modo di raccontare insolito ma che, se gli si concede il meritato tempo, sa ammaliare e divertire come pochi altri nel panorama cinematografico contemporaneo.
Due parole infine sul cast:
Vincent Gallo è lo straordinario doppio, lo sceriffo e il pusher, primo ad accogliere Kaspar Hauser al suo ritorno e ultimo a vederlo,
Silvia Calderoni è l'androgino protagonista, che con pochissime parole e un ballo pressoché costante tiene su di sé il peso di un personaggio senza radici,
Elisa Sednaoui è lo splendido "corpo" alla ricerca di un'anima,
Claudia Gerini la duchessa che governa sul nulla,
Fabrizio Gifuni il prete eremita che non sa più a cosa credere. E poi c'è la musica (dei
Vitalic), co-protagonista alla pari.
19/06/2013, 09:30
Carlo Griseri