Note di regia del documentario "La Rivoluzione Terrestre"
Venerdì 11 Novembre 2011, ore 22:00
Sono l'unica persona in piedi nella Chiesa medievale di San Domenico, ad Alba.
Davanti a me, Alessandro Mannarino sta cantando "Vivere la vita" e tutto intorno stanno sedute centinaia di persone. Battono le mani per scandire il ritmo della musica, mentre la grande giostra che compone "La Rivoluzione Terrestre", l'installazione di Valerio Berruti posizionata al centro della Chiesa, si muove ipnotica e senza sosta intorno a me.
Valerio, amico di lunga data, mi ha chiesto di realizzare le riprese del concerto che chiude la sua installazione in San Domenico, ma ora che ci sono in mezzo con la mia telecamera, il cavalletto e il microfono, vorrei tanto essere trasparente per non rovinare l'incanto di questo momento.
Estate 2012, Bar Teresio, Alba
Sono seduto ad un tavolo con Valerio, fa caldo e stiamo sorseggiando un'acqua tonica, ma a dispetto delle apparenze siamo impegnati in una dura sessione di brainstorming.
L'idea è questa: trasformare le riprese del concerto e quelle fatte in precedenza, durante l'allestimento dell'opera, in un documentario che racconti l'installazione albese e, attraverso di essa, l'arte di Valerio Berruti.
Una cosetta da niente, insomma.
Per fortuna Valerio ha le idee chiare in merito, e c'è da capirlo, stiamo parlando di un documentario su qualcuno che lui conosce molto bene.
La chiave di tutto, mi dice, deve essere un approccio fresco, magari ironico o dissacrante, in ogni caso un linguaggio concreto e semplice, e non da addetti ai lavori.
Da qui ad una prima ipotesi realizzativa il passo è breve: "Intervistiamo tre-quattro persone e le facciamo parlare dell'opera e di me", dice Valerio.
In virtù delle considerazioni di cui sopra, dall'elenco dei papabili vengono subito esclusi galleristi, curatori, storici dell'arte e accademici di ogni sorta. Poi, l'illuminazione:"Uno dei tre potrebbe essere Andrea, il custode della mostra... e gli altri... potremmo provare con il mio amico Paolo e con Marianna, una delle bambine che hanno fatto da modelle per la realizzazione dell'opera".
Fumata bianca, anzi bianchissima.
Così, in modo spontaneo e in barba a ogni precetto della scrittura cinematografica, nasce il documentario "La Rivoluzione Terrestre".
Un documentario che parla di Valerio Berruti senza dargli voce e quasi come una figura astratta, al punto che solo nel finale si vede la sua arte, con le immagini dell'opera che dà il titolo al film.
Parlano della sua arte, di lui e per lui i tre personaggi, i loro modi di fare, di vivere, di pensare.
C'è qualcosa, c'è molto di Valerio nell'atteggiamento infantile e sognante di Marianna, seienne che ama disegnare, che considera il disegno alla stregua di un gioco divertente e che mi dice che tuttora, a distanza di oltre un anno, "ogni giorno gioco che c'era la mostra di Valerio e che ci andavo con tutta la mia classe".
C'è qualcosa di Valerio in Andrea, il custode sessantacinquenne della mostra, che mi racconta che "la cosa in comune tra me e Valerio Berruti è la passione". La sua passione per la magia, così simile all'arte per il metodico lavoro che vi è alle spalle ma anche per la comune ricerca dello stupore, dell'emozione e del divertimento di chi osserva. La passione per le vecchie radio, che fa il paio con le tante collezioni di Valerio, con un'abbondanza di icone di oggetti che io stesso ho avuto modo di constatare in tutti gli spazi in cui Valerio vive e lavora, in apparente contrasto con la pulizia e il rigore formale delle sue opere.
Infine, c'è qualcosa di Valerio in Paolo, amico d'infanzia che abita a Cortemilia, in alta langa, in quella che fu la casa della famiglia Berruti. Dal mio punto di vista, Paolo rappresenta ciò verso cui Valerio tende, le sue ambizioni e aspirazioni: la dimensione pratica, la capacità di realizzare sempre e comunque le proprie idee, trasformando un disegno astratto in una complessa struttura fatta di cavi, teli e bulloni.
E poi,soprattutto, un rapporto totale ed armonioso con il territorio e con la tradizione, con le sue Langhe.
Buona visione e buona rivoluzione, sperando, con le parole di Andrea, “che sia un rivoluzione in migliore”.
Paolo Casalis