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FRANCESCO PATIERNO - "Credo di aver diretto il mio primo vero film"


Il regista napoletano è giunto all'undicesima edizione dell'Ischia Film Festival, dove ha presentato il documentario in concorso "La guerra dei vulcani". Patierno ha appena terminato le riprese di "La gente che sta bene", commedia con protagonista Claudio Bisio, che ha nel cast Margherita Buy e Diego Abatantuono. Per sua stessa ammissione si tratta di una "prova di maturità", e a Cinemaitaliano.info ne ha raccontato qualche retroscena in anteprima.


FRANCESCO PATIERNO -
Dopo aver fatto il giro del mondo con il documentario "La guerra dei vulcani", selezionato in circa trenta festival internazionali, Francesco Patierno è tornato in Campania, terra natia, per presentare il film in concorso all'undicesima edizione dell'Ischia Film Festival.

Il regista ha svelato i retroscena riguardo al doc sul triangolo amoroso Magnani-Rossellini-Bergman, e ci ha dato diverse anticipazioni sulla sua prossima commedia, "La gente che sta bene".

Sei a Ischia in concorso con “La guerra dei vulcani”, non un semplice documentario sul cinema, ma un'opera costruita come un film, in cui “dirigi” la Magnani e la Bergman attraverso le immagini di repertorio. In che modo si riesce a dirigere la Storia?
E' una cosa che ho capito nel corso degli anni, ma che ho sempre fatto anche nei film di fiction. Si tratta di un gioco molto preciso tra la finzione e la realtà, che avviene mischiando le due cose. L'ho fatto in “Pater familias”, l'ho fatto, anche se sembra strano ne “Il mattino ha l'oro in bocca”, e l'ho fatto in “Cose dell'altro mondo”, che voleva essere un documentario ed è girato sempre con la macchina a mano, con una luce naturalistica e portato avanti come un “documentario di finzione”. Un po' come fa il mockumentary, mi piace rendere finte certe cose vere e viceversa, con lo scopo di creare una suggestione molto forte che avvolga lo spettatore e lo faccia sempre tenere sul filo dell'attenzione, chiedendosi se quello che sta vedendo sia vero o no. Con il tempo ho raffinato questo gioco ed è molto importante in questo senso “Giusva”, il documentario su Valerio Fioravanti, perchè l'intuizione che ho avuto era quella di far finta che “La famiglia Benvenuti”, lo sceneggiato per cui divenne famoso, fosse la sua vera famiglia. Così prendo gli spezzoni dei film e, dove si dicono delle cose che sembrano appartenere alla realtà vera di Fioravanti, creo un discorso drammatico molto credibile dove quello che si vede sembra vero, anche se è frutto di una manipolazione. Questo è il gioco che mi affascina.

Nel tuo ultimo film di finzione, “Cose dell'altro mondo”, hai raccontato la crisi di una società che ancora oggi ha problemi a relazionarsi con “l'altro”, lo straniero. Nel tuo prossimo film, “La gente che sta bene”, descrivi una crisi diversa, quella di un uomo di successo che si trova a perdere ciò che ha e che vuole riconquistare la vetta. Che chiave di lettura hai scelto per farlo?
Prima di tutto ho cercato di evitare qualsiasi matrice ideologica, perchè non mi appartiene e questo mi ha sempre creato dei fraintendimenti nelle cose che ho fatto. Ad esempio molti si sono chiesti perchè arrivando a girare “Cose dell'altro mondo”, in cui avrei potuto portare avanti un discorso di sinistra, alla fine non l'ho fatto. Anche in questo film volevo raccontare attraverso il protagonista una serie di soggetti che secondo me hanno caratterizzato gli ultimi venticinque anni della nostra storia e che si avviano a diventare post nella prossima società, che in ogni caso sarà ancora impregnata di questi personaggi e di questa mentalità, ma solo prendendo atto di una cosa e mettendola in scena. E' un film sicuramente ancorato all'oggi ma non strettamente legato alla realtà di questi mesi, cosa che gli permetterà di essere visto tranquillamente in futuro. E' una quadratura del cerchio perchè ho messo a punto le cose che ho avuto modo di verificare con i lavori precedenti e la cosa che più mi ha reso felice è che ho visto il frutto di una grande crescita mia nel raccontare una storia molto complicata sotto forma di una commedia mischiata al dramma.

Anche la prossima stagione si annuncia ricca di commedie. Molte saranno dei fenomeni passeggeri, ma la tua sembra essere qualcosa destinata a lasciare il segno, a rimanere. Come si riesce a realizzare in sole sei settimane qualcosa del genere?
La qualità è alta perchè, diversamente da “Cose dell'altro mondo” che aveva una matrice documentaristica, seppur girato in pellicola, con luce naturalistica e ambientazione non costruita, in questo caso per la prima volta ho deciso di fare un film molto costruito, un vero film. Forse il mio primo vero film. Per riuscirci in sei settimane devi presentarti con le idee molto chiare, una troupe nemmeno da serie A, ma da Coppa Campioni, e con degli attori strepitosi. Bisio si è rivelato essere veramente un grandissimo attore. Io e lui eravamo i padroni di casa e ne io ne lui potevamo toppare. Claudio c'è in tutte le inquadrature con dei dialoghi lunghissimi e pazzeschi, ha dato una prova strepitosa ed è un film che secondo me sorprenderà tutti da questo punto di vista.

Il film è tratto dall'omonimo romanzo di Federico Baccomo “Duchesne”. Come sei venuto a contatto con il libro e che lavoro è stato fatto nell'adattamento?
Ho avuto la fortuna che un produttore mi ha dato il libro e mi ha chiesto se mi interessava farne un film. L'ho letto e devo dire di esserne rimasto molto impressionato. Il primo sentimento importante è quello della paura, che ti porta a dire “no, non ce la farò mai”. Quest'idea mi ha provocato le stesse sensazioni che avevo avuto con “Pater familias” e poi la cosa si è sviluppata piano piano fino a quando ho conosciuto l'autore e si è creata una sintonia fortissima. La fortuna definitiva è stata avere Bisio, se no non avrei mai fatto un film così.

Mentre leggevi il libro hai subito pensato a Claudio Bisio per il ruolo da protagonista o è stata una scelta successiva?
Bisio è subentrato da subito, ancora prima del soggetto. Gli abbiamo fatto leggere il libro e gli è molto piaciuto, però voleva la garanzia che il film non lo stravolgesse, cosa che molte volte accade. Siccome io e l'autore avevamo in testa di fare un adattamento che necessitava un lavoro profondo, lui ha prima letto il soggetto e poi ha aspettato la prima sceneggiatura con cui si è totalmente convinto. Non è un film facile, ma con Bisio lo è diventato.

Nel cast c'è anche Margherita Buy, fresca vincitrice del sesto David di Donatello, ma che in questo film non avrà un ruolo da protagonista. Come è stata la vostra collaborazione?
Prima di tutto si è rivelata una donna estremamente intelligente, perchè ha visto quello che magari forse molte attrici della sua importanza avrebbero rifiutato, perchè è un ruolo minore fatto soprattutto di situazioni di ascolto, ma che per me è il ruolo più delicato e importante del film. Alla fine si scoprirà essere l'unico personaggio positivo, il perno su cui tutti gli altri si rivelano per quello che sono. Bisognava essere molto intelligenti per capirlo, e lei non solo lo ha fatto ma ha accettato anche di farsi guidare in una situazione non facile, perchè si tratta di un personaggio molto solido, senza nessun tipo di nevrosi. Non volevo snaturare la Buy, volevo mantenere la Buy, ma nello stesso tempo farle fare una cosa che non aveva mai fatto.

Insomma, un cast importante da cui hai cercato di ottenere qualcosa di insolito, di nuovo, dico bene?
A meno che non ci sia un motivo fondamentale, non mi piace stravolgere. Totò ha insegnato una cosa “se mi conoscono per Totò che senso ha mettermi una parrucca e fare altro”. A volte c'è un'ambizione autoriale che non condivido, perchè è come volersi prendere il merito di trasformare una persona. Anche qui, è Bisio ma non lo è, è la Buy ma non lo è, Abatantuono fa una cosa inedita ma è sempre lui, mi piace molto usare gli attori per tirare fuori dei lati ancora non visti e in questo senso ho un atteggiamento da documentarista. Tra l'altro alla fine delle riprese Bisio ha ammesso che in fondo questo personaggio gli assomigliava molto, un personaggio molto vero dove rende al 100% in tutto il suo potenziale.

03/07/2013, 13:27

Antonio Capellupo