SACRO GRA - Il film di Gianfranco Rosi che racconta l'Italia
"
Sacro GRA" è il film di
Gianfranco Rosi che sarà presentato in
concorso alla
70.a Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia.
Dopo l’India dei barcaioli, il deserto americano dei dropout, il Messico dei killer del narcotraffico,
Gianfranco Rosi ha deciso di raccontare il suo Paese girando e perdendosi per tre anni con un mini-van sul Grande Raccordo Anulare di Roma per scoprire i mondi invisibili e i futuri possibili che questo luogo magico cela oltre il muro del suo continuo frastuono.
E dallo sfondo sono emersi personaggi incredibili e apparizioni fugaci. Come il nobile torinese e sua figlia universitaria, che vivono in un monolocale ai bordi del Raccordo, il “palmologo” che cerca ossessivamente un rimedio per liberare le piante della sua oasi da larve divoratrici; il neo-principe che fa ginnastica di buon mattino sul tetto del suo castello eretto nel cuore abusivo della periferia nord-est; l’attore agé di fotoromanzi, memoria storica della Roma cinematografara, che insegue ostinato sul raccordo la fama e il sogno di una giovane avventura, come il pescatore di anguille che sotto i cavalcavia di Roma sud ha costruito un villaggio sull’acqua. Questi personaggi, insieme a tante altre incredibili apparizioni, animano il mondo del "
Sacro Gra" di
Gianfranco Rosi.
Il GRA, il Grande Raccordo Anulare di Roma, con i suoi 70 km è la più estesa autostrada urbana d’Italia. Ma pochi considerano il Raccordo come spazio urbano da esplorare. Lo ha fatto il paesaggista
Nicolò Bassetti che ha abbandonato la macchina sul bordo della strada, per partire a piedi alla scoperta di questo luogo misterioso. Per 300 km e ha esplorato i territori sconosciuti intorno al GRA, arricchendo il suo cammino di incontri straordinari. Questo bagaglio di esperienze, come l’idea stessa di farne una narrazione, lo ha passato poi nelle mani di
Gianfranco Rosi, immaginando che potesse trasformarlo in uno dei suoi film da “cinema del reale”.
Rosi ha accolto la sfida. Forse catturato da quel filo rosso che collega i suoi film raminghi nei quali luoghi di confine e di attraversamento offrono scorci di umanità inedita.
Scoprire è quello che sempre ha fatto Gianfranco Rosi in giro per il mondo sin dal suo esordio. Girato a Benares tra la fine degli anni ottanta e l’inizio dei novanta, "
Boatman" racconta nelle forme del cinema verità, la giornata di un barcaiolo in navigazione permanente tra la vita e la morte sul fiume Gange. Con "
Below Sea Level" (vincitore a Venezia di “Orizzonti” nel 2008) Rosi si sposta dall’India nel deserto americano nei pressi di una base militare dismessa a 40 metri sotto il livello del mare, producendo un indimenticato esempio di cinema del reale, una volta entrato nell’intimo di una comunità di homeless americani. Dal deserto californiano si è poi spostato sul mitico border con il Messico per una sorta di “istant-movie”, "
El Sicario, room 164" (Premio Fipresci, Venezia 2010), incredibile monologo interiore di un ex killer sfuggito al narcotraffico dei cartelli messicani.
30/07/2013, 11:00