MASCHERA MIA QUANTO MI COSTI - Una strana docufiction
In "
Maschera mia quanto mi costi",
Mohamed Kenawi utilizza lo stile della docu-fiction per raccontare una storia di integrazione e di difficoltà di inserimento nel mondo del lavoro da parte dei lavoratori stranieri.
E’ la storia del tunisino Alì, venuto in Italia a cercar fortuna ma costretto ad arrangiarsi per la crisi che ha colpito tutti. Alì vorrebbe fare l’attore perché ha fatto lunghi studi per diventarlo, ma la situazione del Paese non glielo permette. Lo fanno lavorare solo in delle fiction dove fa sempre la parte dello spacciatore o del borseggiatore e i provini nelle produzioni romane sono quasi sempre un disastro o una delusione.
Ed è qui che l’attore Alì sceglie di fare il suo colpo di scena. Si compra una maschera e decide di fare l’artista di strada, sceglie di fare la statua in mezzo ai gladiatori e ai mimi del Colosseo. Qui comincia la parte più interessante del film: Alì comincia a tirar fuori la sua psicologia di attore in crisi, con le paranoie, i conflitti e le contraddizioni di un mestiere bellissimo ma anche tanto difficile.
Il documentario è molto curato nella fotografia di interni, anche se a tratti la regia tende a confondere lo stile del doc con quello della fiction, finendo per ottenere effetti non sempre gradevoli, e il doppiaggio finisce per essere troppo presente.
Alì poi deciderà di fare il lavapiatti, in un’ Italia che tanto promette e poco mantiene per i nuovi cittadini immigrati.
07/09/2013, 19:13
Duccio Ricciardelli