ROMA 8 - I Corpi estranei in "Concorso"
Perché indugiare almeno 10 secondi su ogni finale di inquadratura? "
I Corpi estranei" è di una pesantezza stilistica e narrativa narcolettica. Una sfida allo spettatore al quale più che offrire un film,
Mirko Locatelli dà un giudizio. Tu non capisci niente, sembra dire in ogni sequenza, e questo seguendo due ragionamenti: il primo è che con lo spettatore, essendo poco intelligente, si debba insistere per fargli entrare nella zucca il significato di ogni quadro e di ogni scena. Il secondo è più tecnico, caro spettatore tu non capisci niente e dunque non capirai quanto sono noiose e lontane da ogni forma umana di cinematografia le mie inquadrature.
Locatelli racconta in maniera oggettiva e minimalista (come vuole oggi la tradizione documentaristica italica) una storia toccante e di sicuro interesse: la malattia di un bambino e il sacrificio di un padre nel seguirlo durante le cure.
Novantotto minuti pieni (ne bastavano 70) con un Filippo Timi sempre in scena che vive la sua sofferenza senza esagerare, forte di un carattere deciso e non troppo illuminato. Dal rapporto con i vicini di stanza tunisini, e in particolare con il giovane Jaber, potrebbe nascere uno scontro di culture interessante, ma tutto si ferma a piccole schermaglie tra il razzista e l'irrazionale. Senza una vera soluzione che riesca, dopo un'ora e quaranta, a dare un senso al film.
Sembra veramente esagerata la partecipazione al Festival di Roma in "Concorso", giustificabile forse soltanto con la volontà di assegnare a
Filippo Timi il premio come miglior attore. Bravo, in tutta onestà!
Ma allora Bale, Affleck, Harrelson, Whitaker sono marziani...
12/11/2013, 15:11
Stefano Amadio