TFF31 - Intervista ai registi de "Il Treno va a Mosca"


Federico Ferrone e Michele Manzolini, insieme ai produttori e distributori, hanno presentato al TFF il loro lavoro


TFF31 - Intervista ai registi de
Dopo le recenti vittorie del documentario italiano ("Sacro GRA" a Venezia e "TIR" a Roma) c'era grande attesa nell'aria alla vigilia della proiezione de "Il Treno va a Mosca" di Federico Ferrone e Michele Manzolini al Torino Film Festival 31, presentato nel concorso internazionale.

I due registi non sentono la responsabilità della vittoria possibile ("Tocca ad altri questo peso, noi siamo tranquillissimi"), e possono così concentrarsi nel raccontare un lavoro che è tutto fuorché banale, personale tanto quanto universale, disfattista quanto speranzoso.

"Tutto è nato dalla nostra collaborazione con Home Movies, che da dieci anni raccoglie filmini familiari amatoriali", raccontano. "Cercavamo da tempo qualcosa di adatto al racconto dell'Emilia comunista, dell'utopia sovietica. Un giorno ci segnalano i materiali provenienti da alcuni cineamatori di Alfonsine, e da lì è partito tutto".

Il racconto è incentrato sul viaggio che un gruppo di giovani comunisti fece nel 1957 a Mosca come parte della delegazione mondiale di giovani ospiti (primi stranieri a entrare in Russia dalla fine della seconda guerra mondiale) per il "Festival mondiale della gioventù socialista". "Il nostro protagonista doveva essere colui che viene chiamato il Profes, ma è purtroppo morto poco dopo l'inizio del progetto. È rimasta quindi solo la figura di Sauro, il più giovane del gruppo, a dare voce a quel mondo".

Il racconto dell'incontro (rivelatore) con l'utopia, la fine (anticipata) di un sogno, ma anche la testimonianza e l'orgoglio di aver fatto parte di una generazione che credeva fermamente in un mondo migliore, e soprattutto di poter contribuire attivamente a realizzarlo. "Credevano in qualcosa di grande, e questo ci ha affascinato".

Oltre tre anni, quasi quattro è durato il lavoro dietro a questo documentario. "Il lavoro più difficile è stato muoversi attraverso questi enormi archivi di immagini non professionali, legate tra loro da nessun filo narrativo, spesso sgranate. Abbiamo selezionato il materiale e poi ne abbiamo fatto un restauro a 2K per la proiezione".

Tali e tante le immagini a disposizione che nel tempo i registi hanno "pensato ad almeno una decina di possibilità narrative differenti". L'utilizzo dei materiali di archivio familiari negli ultimi anni è sempre più frequente (da "La bocca del lupo" a "Formato ridotto", passando per "Vacanze al mare" e "Anita", co-prodotto dagli stessi Ferrone e Minzolini), una strada che pare poter dare ancora molto nel prossimo futuro.

27/11/2013, 09:00

Carlo Griseri