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GIANNI AMELIO - "Felice chi è Diverso: il
più importante coming out del mondo"


Incontro con il regista in vista dell'uscita del suo nuovo film. Un documentario che percorre il cammino dei "diversi" nel nostro paese attraverso una serie di interviste


GIANNI AMELIO -
Gianni Amelio al cinema con "Felice chi è diverso"
Uscirà nelle sale il 6 marzo il documentario di Gianni Amelio, già presentato all'ultimo Festival di Berlino. Prodotto da Rai Cinema, Rai Trade e Istituto Luce – Cinecittà. "Felice chi è diverso" racconta l'Italia dell'universo omosessuale attraverso interviste di chi ha vissuto il peso della propria “diversità”, dagli anni del fascismo e del dopoguerra fino ai giorni nostri.

Gianni Amelio ha così introdotto il discorso sul suo ultimo film: “Il più importante coming out del mondo è quello che Papa Francesco ha detto dopo essere stato nominato: Chi sono io per giudicare un omosessuale, che secondo me equivalente ad una prima pietra" ha detto il registra "Papa Francesco ha detto anche altre cose. Felice chi è diverso è un documentario che racconta come la battaglia dell'omosessualità non sia finita, e il fatto che ci sia un Papa che riconosca il problema in maniera cristiana e aperta è una grande evento storico”.

È poi intervenuto Ninetto Davoli amico di Pier Paolo Pasolini e tra gli intervistati nel documentario: “È brutto che ci sia ancora qualcuno che veda l'omosessualità come qualcosa di diverso in maniera negativa. Sembra di tornare all'età della pietra, e mi disturba che ci siano ancora pregiudizi”.

Riprendendo la parola, il regista ha proseguito: “A Berlino c'è stato un articolo lungo da parte di Hollywood Reporter, che diceva che questo documentario sembrava un film di trent'anni fa e per me è stato il più grande elogio che mi potessero fare. Dal momento che le persone da me intervistate hanno parlato in un certo modo vuol dire che la guerra non è finita ma deve ancora cominciare. Io ho una teoria: tutta l'omofobia nasce dalla paura di essere, permettetemelo, froci. C'è chi prende coscienza della propria fragilità e ne fa un punto di forza. Chi diventa omofobo ha paura della cosa. Il fatto è che noi crediamo che certe cose appartengano alla preistoria ma non è vero, ed è per questo che ho fatto un documentario in cui persone testimoniassero quello che è stato e quello che è. Purtroppo ancora oggi è difficile dire le cose come sono; ci sono persone, tra cui qualcuno degli intervistati, che vorrebbero dire qualcosa ma non ce la fanno e continuano a nascondersi”.

Alla considerazione riguardante l'esistenza di diverse arcigay in Italia che tutelano i diritti degli omosessuali, Amelio ha esposto la sua contrarietà: “Io non sono d'accordo sul fatto che una persona debba iscriversi a un'associazione perché la sua giornata gli comporta dei problemi. Una persona non si deve curare se non è malata e l'impressione che arriva è che siamo malati. Non esiste nessuna possibilità di vivere socialmente in maniera giusta se ancora esiste l'arcigay. Mi auguro che questo sia il primo e l'ultimo documentario sull'omosessualità ma già so che non lo sarà”.

Infine, sull'idea e le intenzioni di questo documentario, Amelio ha precisato: “Nel documentario ogni caso è diverso.Ho preferito mettere i nomi di quelle persone solo nei titoli di coda perché bastavano le immagini e le parole di ciascuna persona che raccontava la propria vicenda senza definirla intorno a un nome a un luogo, e alla fine il pubblico ne avrebbe tratto i giudizi. Mi sono portato dietro per tanto tempo l'idea di fare un documento su questa realtà e due anni fa Roberto Cicutto mi chiese se volevo fare un documentario per Cinecittà Luce e allora gli dissi che avevo intenzione di trattare il tema dell'omosessualità dal punto di vista dei media e di chi lo era. Durante il fascismo Mussolini negava l'esistenza dell'omosessualità e del confino se ne è parlato molto dopo. Con Cicutto abbiamo cercato documenti dell'epoca e con Francesco Costabile abbiamo trovato le persone da intervistare. I racconti di vita sono quelli che ti fanno capire meglio certe cose, quelli fatti da gente che li ha vissuti e li fa rivivere, insegnandoci di più di una cosa a caldo".

"Forse sarebbe il caso di parlare di omoaffettività - ha concluso Amelio-. Quando si parla di omosessualità non si parla mai di affettività e questo dice molto sulla ghettizzazione dell'omosessualità”.

26/02/2014, 20:23

Margherita Pucello