L'UOMO SULLA LUNA - La crudeltà della Sardegna ancestrale
Tra i monti aspri della Barbagia. Avvolte nei loro tipici scialli neri, un gruppo di donne anziane ci riporta alla Sardegna più magica, ancestrale, misteriosa.
Il palcoscenico de "
L'Uomo sulla Luna", dramma della crudeltà e a tratti anche fiabesco, è il focolare domestico. Queste anziane, quasi mitologiche figure scolpite dal tempo e dal vento di quei luoghi, non sembrano avere che due spazi dove passare le propie lunghe, noiose, ripetitive giornate; la cucina e il cimitero.
Nella cucina, il regista
Giuliano Ricci entra in punta di piedi, riesce a farsi raccontare di tutto, guerre fratricide, faide millenarie e persino malocchi e sogni premonitori. Tutto viene preso però con molta leggerezza, c'è sempre spazio per un sorriso, una battuta o una canzonetta che le vecchiette si ricordano dalla loro infanzia.
Il film è certamente un interessante modo, non scientifico e sicuramente non convenzionale per fare antropologia visuale. Tutti gli uomini sono sepolti al cimitero, di loro rimangono solo le storie delle vecchie donne che diventano epiche, odissee di fantasmi e sangue di tempi remoti. Tra le interviste, vengono montate molte immagini di varie feste sarde, messe in scena di gruppo tra il teatrale e il dionisiaco, che possono anche dare sgomento e spiazzare lo spettatore.
Molto interessante anche il lavoro sulla ricerca visiva con le immagini di paesaggi e di totali esterni che diventano a tratti un personaggio che si aggiunge alle voci delle anziane.
08/11/2014, 09:15
Duccio Ricciardelli