"Fuori Orario" festeggia i 25 anni al Cinema Trevi
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Ogni catastrofe – per essere tale –
ha i suoi superstiti. E questi possono essere tali anche se la catastrofe continua, ogni giorno, a seppellirci e a viverci. E noi con essa. L’unico (nostro) modo possibile è essere fuori contesto, fuori-luogo, fuori-norma, fuori-tempo, inafferrabili, imprecisi. Ma come riuscire a vivere, a non-esserci, in tale maniera? E allora il tutto coincide forse con un al-di-là in cui a dominare è un blob, una catastrofe già avvenuta, già realizzata, e noi non facciamo altro che ri-proporla, crearne, diffonderne e disorganizzarne gli sguardi, decentrandoli, nel disastro. In un ulteriore tentativo festeggiamo così i 25anni di Fuori Orario, con i 6 temi/puntate di Zaum, “rovescio speculare di Blob”, che racchiude le idee e il lavoro del gruppo forse rappresentandone il culmine, e con altri spazi/film/cineasti differenti che si alterneranno nelle tre giornate e che – com’è solito di Nomadica – detoneranno nel tempo in altri rivoli, occhi, sale italiane» (Nomadica).
Rassegna a ingresso gratuito a cura di Nomadica in collaborazione con Cineteca Nazionale e Fuori Orario
mercoledì 28 gennaio
ore 17.00 Kappa di Natò Frasca (1965-66, 47’)
Girato a Castelgandolfo tra agosto e settembre 1965, Kappa (iniziale di kamera) è un viaggio nell’inconscio umano che l’autore compie, ispirandosi all’Ulysses di James Joyce, per ricercare l’impossibile rapporto tra uomo e Natura. Usando l’intreccio di linguaggi popolari (fumetto, radio, pubblicità, televisione) viene creata la visione del nostro mondo come se fosse vista dall’occhio di un alieno, che non comprende la nostra realtà e cerca di interpretarla: lo spettatore stesso, di fronte all’opera, ne rimane alienato, stordito nel cercare di comprendere il significato che ne viene fuori dalla contrapposizione di immagini in apparenza senza continuità logica. «Kappa è il viaggio senza categorie spaziali e temporali di ognuno di noi. Ho registrato e utilizzato gli “ingredienti visivi e sonori” della nostra civiltà, affollando l’opera per costituire delle associazioni mentali al limite della saturazione obbligando lo spettatore a dilatare il suo recipiente fruitivo a nuove capacità volumetriche» (Frascà).
a seguire Astrolìte di Antonello Matarazzo, Carlo Michele Schirinzi (2002, 40’)
Protagonista – se un protagonista c’è – enrico ghezzi, appena censurato per il suo lungo servizio su Berlusconi. Scenario una Avellino al nero di seppia, vista dal basso verso il basso, come non l’avete mai guardata e vi sarà difficile dimenticarla.
Andamento circolare: il film si apre con i preliminari dell’esplosione e si chiude con la deflagrazione. Ma questo non è un film esplosivo: qui tutto implode e tende verso un centro che non è un nucleo narrativo ma un’icona, un’idea di cinema in carne ed ossa, quella incarnata autisticamente da enrico ghezzi, demiurgo di vite rarefatte e sospese tra esistenza e proiezione.
Proiezione alla presenza degli autori
ore 19.00 Zaum - parte 1: L’O di G8/Genova 2001 di Daniel Franchina e Donatello Fumarola (2011, 65’)
Dedicata allo “scontro fisico” a partire dal G8, si apre col capolavoro del cineasta armeno Artavadz Pelesjan, Nachalo (L’inizio), del 1967. Nove minuti, a partire dal cinquantenario della rivoluzione d’ottobre, che sconvolgono il cinema e le incertezze rassicuranti del montaggio, verso qualcosa che è ancora da farsi e da sentirsi. Risulterà ancor più chiaro che lo scontro fisico a Genova si mostrò proprio nell’atto di svanire quasi, sempre troppo veloce frenetico accelerato o rallentato, raramente a una velocità “giusta”. I mille e mille occhi incontrollabili delle telecamerine individuali formano già e troppo tardi una “comunità improbabile”, che filma e controlla se stessa sul limite del riguardarsi e riinquadrarsi.
Proiezione alla presenza della redazione di Fuori Orario
a seguire Zaum - parte 2: Catastrionfo di Fulvio Baglivi, Simona Fina, Stefano Francia (2011, 65’)
I trionfi della catastrofe, sempre innaturali nella nostra innaturalità da Titanic a Fukushima.
ore 21.30 incontro moderato da Steve Della Casa e Michelangelo Buffa
a seguire Movie Movie di Michelangelo Buffa (2014, 30’)
Full immersion nel magma caotico e affascinante della Storia del Cinema, dove personaggi, future, attori e volti emergono dalla memoria collettiva per apparire e sparire nella fluidità del racconto.
a seguire Ora del villaggio abbandonato di Michelangelo Buffa (2010-11, 40’)
"La serie delle Ore, omaggio ai fratelli Lumière, si fonda sull’idea che la registrazione del mondo da parte dei Lumière non era solo visiva, come si è portati a credere in prima istanza, era anche, e forse soprattutto, una registrazione di tempo. Ciò che mi ha sempre affascinato e colpito nei loro iniziali e brevi film è il Tempo. Ritornare ai Lumière è quindi lavorare sul tempo, estenderlo, dilatarlo, entrarci dentro, cosa che Warhol aveva compreso, così come anche Godard. Le mie Ore diventano spazi temporali di contemplazione. D’altronde, quale modalità abbiamo di guardare il mondo, di guardarci dall'esterno se non quella utilizzata dal cinematografo! Ogni luogo ha il suo tempo e il tempo del villaggio abbandonato è tempo senza tempo, di qui le pausa d’immobilità create dalla staticità della mdp" (Buffa).
a seguire Una strada per Bringuez di Michelangelo Buffa (2014, 3’)
Video-denuncia del disastro compiuto per la costruzione di una strada nel bosco.
a seguire Sradicati di Michelangelo Buffa (2013, 11’)
Come i mezzi di trasporto veloci ci sottraggono un reale rapporto col territorio, un contatto.
a seguire Sub Aqua di Michelangelo Buffa (2014, 10’)
Visita a un acquario che diviene visita a un luogo che mantiene prigionieri esseri viventi per il nostro “piacere”.
giovedì 29 gennaio
ore 17.00 Zaum - parte 3: You (No) Tube di Fulvio Baglivi e enrico ghezzi (2011, 65’)
La geniale catastrofe del net o del web, rete di tutti e di nessuno, per nessuno e per tutti.
a seguire Zaum - parte 4: Lo spazio dell’orbita di Stefano Francia di Celle (2011, 65’)
Montaggio langhiano/kubrickiano attraverso la lentezza del lavoro di ingegneri e di astronauti. Il trascorrere delle orbite in sovrimpressione con la fine del tempo nello spazio che ci guarda dalla Luna.
a seguire La posa infinita di Antonello Matarazzo (2007, 2’)
"La posa infinita” mette in scena lo scarto tra mobile/immobile che emerge dall’interfaccia cinema/fotografia, sotto le sembianze di un antico portrait di gruppo nel quale le figure immortalate riacquistano vita mediante movimenti minimi e suoni ambientali che restituiscono all’immagine cristallizzata nel tempo, la sensazione di uno svolgimento “in diretta”. Un attimo dilatato all’infinito rappresentato dall’attesa prima dello scatto" (Di Marino).
Proiezione alla presenza dell’autore
ore 19.30 incontro con Antonello Faretta, Giorgio De Vincenti, Gabriele Anaclerio
a seguire Nine poems in Basilicata di Antonello Faretta (2007, 55’)
Più che un film è un libro in forma di audiovisivo. È possibile “sfogliarlo” a capitoli com’è possibile “leggerlo” tutto d’un fiato, andandone a scoprire la sua struttura semplice e quasi francescana. L’opera nasce da nove poesie (molte delle quali inedite) di uno dei più grandi esponenti della poesia americana contemporanea, il newyorkese John Giorno, e vede lo stesso scrittore nella veste di interprete. «Un’Italia arcaica e antica ma nello stesso tempo fresca, vera, carica di passione e di speranza: un autentico tesoro di tensione utopica alla ricerca di un’umanità perduta» (Antonio Romani).
ore 21.00 incontro con Mario Addis, Giannalberto Bendazzi, Leonardo Carrano, Giacomo Ravesi
a seguire Rotocalco di Manfredo Manfredi (1970, 11’)
"È un atto d’accusa contro la deformazione della realtà prodotta dalle pagine patinate di un grande settimanale d’attualità. La realtà è diversa da quella stereotipata, fasulla, scintillante che mostrano certe riviste: ed il film interpreta graficamente, con umorismo ma più spesso con dolore il divario fra realtà vera e realtà rotocalchistica" (Bendazzi).
a seguire Dedalo di Manfredo Manfredi (1976, 11’)
Gran Premio al festival d’animazione d’Ottawa e nomination all’Oscar, Dedalo è uno dei film più rappresentativi del cinema di Manfredo Manfredi. Composto da disegni su carta dai forti contrasti chiaroscurali, il film esprime una tensione metafisica attraverso un raffinato equilibrio grafico e una trama onirica che evidenzia una chiara dimensione autoriale e d’artista.
a seguire Nuvole di Manfredo Manfredi (1975, 13’)
In un profondo sotterraneo un piccolo essere bianco lotta per sopravvivere. Oscuri mostri lo assalgono e lo dilaniano, ma egli rinasce ingrandendosi, fino a divenire una grande e palpitante effluorescenza sotterranea. I nemici scompaiono mentre dal grande corpo bianco germina un sottile filamento che faticosamente sale verso l’alto: un fiore vibra ora nel vento mentre sopra, alte nel cielo, scorrono lente le nuvole.
a seguire Il muro di Manfredo Manfredi (1970, 11’)
Realizzato per la Corona Cinematografica, Il muro riflette sulla condizione dell’arte di fronte alla distruzione della società post-atomica. Attraverso situazioni allegoriche dipinte con suggestive animazioni dai tratti marcati e aspri che prediligono i toni cromatici freddi, il film ritrae con dura rassegnazione lo sguardo e l’impossibilità di un’artista davanti al destino di morte e consunzione di un’intera società.
a seguire Giano di Mario Addis (1994, 2’)
a seguire Il mostro di Mario Addis (1994, 2’)
a seguire Il sogno di Nina Mario Addis (1998, 1’)
a seguire Heartbeat (Un capitalismo dal volto umano) di Mario Addis (1998, 1’)
a seguire La materia di Mario Addis (1999, 2’)
a seguire Florida di Mario Addis (2002, 2’)
a seguire Un principe chiamato Totò di Mario Addis (2007, 1’)
a seguire Fornarina Urban Beauty Show in Paris di Mario Addis (2008, 6’)
a seguire Casse Rurali Trentine di Mario Addis (2011, 1’)
a seguire Pene e Cruditè di Mario Addis (2014, 4’)
a seguire Jazz for a Massacre di Leonardo Carrano (2014, 15’)
Jazz per un massacro è un omaggio all’artista e cineasta sperimentale Nato Frascà, inventore del “metodo dello scarabocchio”, una forma di libera espressione attraverso la quale sondare l’inconscio. Applicando idealmente questo metodo, il film risulta una jam-session pittorico-musicale, in cui l’improvvisazione jazz di Marco Colonna si sposa con le astrazioni create direttamente su pellicola da Leonardo Carrano e montate da Giuseppe Spina. 20.000 fotogrammi dipinti, incisi e acidati, coinvolgono in una fantasmagorica danza cromatica.
venerdì 30 gennaio
ore 17.00
Lettere dal deserto (elogio della lentezza) di Michela Occhipinti (2010, 88’)
Il mondo corre. Hari cammina. Le sue scarpe consumate percorrono lunghe distanze nel deserto per recapitare messaggi chiusi in lettere scritte a mano, dalla calligrafia preziosa, da consegnare a destinatari che abitano villaggi sperduti, chiusi in una dimensione temporale dimenticata, fuori dal mondo. Le lettere parlano di amori, matrimoni, successi e decessi. Quelle che portano la morte si riconoscono subito, sono quelle con l’angolo destro tagliato, che Hari legge sull’uscio ad alta voce e poi strappa, perché le brutte notizie vanno distrutte, disperse, cancellate per sempre. Proiezione alla presenza dell’autrice
a seguire Tyndal di Fatima Bianchi (2014, 30’)
Un faro sui monti di Brunate, il suo fascio di luce ruota incessante nel buio come un continuo loop, fa luce su qualcosa che è rimasto nell’ombra, illuminando una casa. La casa racchiude i componenti di una famiglia che vengono ritratti nella loro quotidianità. Il racconto si sviluppa in un momento preciso, quando Francesco, il primogenito, trascorre un anno in carcere. In questo periodo ciascun familiare tiene uno scambio di lettere con lui. Tyndall è un fenomeno di diffusione della luce dovuta alla presenza di alcune particelle nell’aria. Lo stesso effetto è visibile dal faro sui monti di Brunate, guardando verso la casa della famiglia Bianchi.
Proiezione alla presenza dell’autrice
ore 19.00 Homo sapiens di Fiorella Mariani, Italia (1971-74, 56’)
Homo sapiens è un film di montaggio che anticipa lo stile di Blob procedendo, nell’assemblaggio di materiale di repertorio, per associazioni (e distorsioni) sul tema dell’uomo e della sua (perduta) umanità, scandite dalla musica della celebre compositrice argentina (ma residente da anni in Francia) Beatriz Ferreyra. In apertura una frase di Rousseau ne sintetizza lo spirito: «Gli uomini che formano il gregge chiamato società faranno tutti le stesse cose nelle stesse circostanze a meno di esserne distolti da motivi più potenti».
Proiezione alla presenza dell’autrice
ore 20.30 Incontro con enrico ghezzi, Fiorella Mariani, la redazione di Fuori Orario
a seguire Zaum - parte 5: Apparire/Sparire, Essere/Riessere: il trucco dell’anima e i fuochi d’artificio dell’immortalità di Lorenzo Esposito (201l, 62’)
La penultima puntata di Zaum è forse la più intensamente e intimamente e sotterraneamente catastrofica, in quanto certamente si allontana dalla catastrofe, già avvenuta da tempo “immemorabile”, e infatti molto difficile da reperire “in memoria”. Un’ora di programma dedicata all’apparire/sparire, all’essere/riessere, al trucco dell’anima e ai fuochi d’artificio dell’immortalità.
a seguire Zaum - parte 6: Sua imminenza la catastrofe ovvero catastrofette del capitale di Lorenzo Esposito e Donatello Fumarola (2011, 65’)
Il titolo, più che frivolo, è doppio, infine doppio del doppio, visto che la catastrofe stessa è in questo caso l’oggetto dell’operazione reperita e additata da Marx nel cinismo automatico della ripetizione farsesca degli eventi anche più seri. La catastrofe è attesa farsesca di ripetizione, prevenduta anch’essa nel mondo quotato in borsa o nelle scommesse, e la “castrofetta” cui si indirizzano paura e desiderio non è un punto numinoso e terribile, ma appunto un’arietta quasi metastasiana, seguendo la quale ci allontaniamo dall’idea e dall’evento della prima volta.
23/01/2015, 14:57