Note di regia di "Love is All. Piergiorgio Welby, Autoritratto"
L’idea di fare un documentario su Piergiorgio Welby è nata per puro caso.
Nell’autunno del 2006, il video di un uomo che chiedeva al Presidente della Repubblica il diritto di essere lasciato morire, era entrata in casa attraverso il tg.
Quell'immagine però non era bastata a farci soffermare sul suo significato profondo; per quanto forte o scioccante fosse, non era riuscita a distoglierci dalle nostre occupazioni del momento.
Nuotando distratti nel mare di immagini in cui, un po' per scelta un po' perché inevitabile, eravamo immersi, avevamo classificato quella visione come la solita intrusione della tv nella vita delle persone. Vedevamo una cornice e dei colori ma senza andare oltre. Non sapevamo che dietro c'era una precisa scelta comunicativa e un impegno politico di anni.
In dicembre poi Welby aiutato dai radicali e dall'anestesista Riccio ottiene di essere lasciato andare e per qualche giorno la sua icona è riproposta dai tg, attenti a non rovinare le feste degli italiani, giusto il tempo di una comparsata, per poi lasciare il posto alla sarabanda delle mille altre icone destinate alla effimera ribalta televisiva, non ultima quella della pubblica esecuzione di babbo natale/saddam.
Qualche tempo dopo, insieme ad un amico ornitologo stavamo facendo delle riprese ai falchi che abitano i cieli della capitale e ci imbattemmo in un blog di birdwatchers del quale Piergiorgio era stato assiduo frequentatore e acuto animatore durante l’ultimo anno della sua vita. Sul forum del sito infatti Piergiorgio, insieme a molti altri curiosi, osservava attraverso una webcam la vita dei falchi pellegrini Aria e Vento che vivono da anni sul tetto della Sapienza di Roma.
È in quel momento che abbiamo iniziato a domandarci che cosa si celasse dietro quell'icona che tornava con irruenza alla nostra mente sulle ali del falco pellegrino. È stato bello a quel punto cambiare prospettiva, smettere di spiare gli uccelli con sguardo da ornitologi e cominciare a scrutare gli uomini con occhi d'uccello. E così un intero mondo ci si è rivelato in tutta la sua drammatica vitalità.
Poi è arrivata Mina che ci ha aperto le porte del tempio, perché di un tempio si tratta la vita di Piero. Pittura, fotografia, letteratura, politica, filosofia, in sintesi amore per la vita e per la libertà. Quell'immane mole di stimoli culturali e fisiologici che noi volevamo ordinare in un film però scappava da ogni parte, rifiutava di farsi incasellare, come l'ippogrifo non si voleva far prendere al lazzo e così man mano che ci penetravamo nell'edificio nuove visioni scaturivano e andavano a cozzare con le vecchie trasformandole e trasformando le nostre intenzioni in un gioco di continue metamorfosi alle quali ci siamo volentieri abbandonati.
È così che il film si è trasformato in una serie di videoinstallazioni che a loro volta hanno dato lo stimolo per un ciclo di conferenze e presentazioni degli scritti di Welby, per poi tornare oggi, dopo nove anni, ad assumere la necessaria forma originaria di film documentario.
Non ci resta che sperare a questo punto che il lavoro possa restituire almeno in parte la ricchezza del nostro viaggio all'interno di un viaggio di ben più ampia portata che è stato ed è la vita di Piergiorgio.
Francesco Andreotti e
Livia Giunti