Note di regia di "The Lives of Mecca"
Il documentario si esprime su due livelli:
//L’Ambiente
Ovvero la comunità della Mecca legata da uno spirito di unione attraverso il gioco e lo
scambio.
//L’Altro
i protagonisti e il loro percorso, attraverso lo sport, per raggiungere un riscatto sociale.
Se nel primo livello la camera tenterà di affacciarsi nelle vite di queste persone, lasciando alle immagini e ai liberi flussi di pensiero il compito di collocare le singole vite in un affresco più ampio, nel secondo livello affronteremo i percorsi personali dei tre uomini addentrandoci nei loro trascorsi. Il nostro rapporto si muoverà su binari paralleli, sarà basato su un reciproco scambio di informazioni che permetteranno l’un l’altro di comprendere il personale concetto di riscatto.
Questi due aspetti non verranno trattati in maniera didascalica o distinta. Si muoveranno di pari passo, in quanto forme del medesimo concetto.
La macchina da presa non farà distinzioni rispetto alle situazioni in cui si troverà. Una partita o un momento di relax, una discussione con un personaggio o uno stralcio di quotidiano saranno affrontati con il medesimo stile. Sarà prettamente una camera a spalla, morbida e delicata.
Verranno evitati i movimenti bruschi e gratuiti.
Sarà ravvicinata alle persone con cui vorremo relazionarci ma comunque rispettosa dell’intimità dei soggetti e della dignità delle storie che verranno raccontate. In tutto il dipanarsi del film sarà mantenuta un’impressione di assoluto realismo. La luce sarà naturale e non verranno aggiunte lampade per illuminare.
Questo per non ancorare la troupe e i soggetti al peso d’inutili tecnicismi e inficiare la naturalezza del contesto.
Il suono sarà esclusivamente in presa diretta. Senza l’uso di voce narrante o musiche extra-diegetiche.
Stefano Etter