Fondazione Fare Cinema
!Xš‚‰

La Cineteca di Bologna ricorda Carlo Di Carlo


La Cineteca di Bologna ricorda Carlo Di Carlo
Carlo Di carlo e Michelangelo Antonioni
La Cineteca di Bologna piange la scomparsa di Carlo di Carlo, regista, storico, direttore di doppiaggio, amico fin dalla sue origini.
Ci lascia un patrimonio di opere preziose, uniche, come la sua personalità d’artista esigente, solitario, libero da ogni schema e refrattario a ogni vantaggio. Un personaggio importante, vivacissimo, eclettico della cultura italiana, sempre sui confini del cinema, tra finzione e documentario, teatro e televisione. Carlo di Carlo è stato collaboratore di Pasolini, poi collaboratore e studioso di Antonioni; è ugualmente titolare d’una filmografia che allinea audaci esperimenti intorno a Beckett, Calvino, Onetti, alla ricerca linguistica di tanti documentari, resa più affilata dalla sua abilità di narratore visivo.
Ci piace ricordare che è suo il primo film su Marzabotto, che ebbe importanti problemi censori; e che Carlo, bolognese che poi il cinema chiama a Roma, era da ragazzo un frequentatore della libreria Palmaverde di Roberto Roversi, e insieme a Roversi ha realizzato bellissimi film su Bologna; film che sono testimonianze d’una storia, di un’utopia politica, di un paesaggio urbano, e che hanno per noi un valore speciale.

Rileggiamo insieme le affettuose parole dedicate a Carlo da parte del critico cinematografico Renzo Renzi nell'articolo "Un possibile 'Chi è?' di Carlo di Carlo", datato 1979, quando il regista bolognese si accingeva a girare il suo secondo lungometraggio:

L’ho visto nascere. Non era ancora uscito dal liceo che aveva già scritto il suo primo saggio, su Charlie Chaplin. Impressionava specialmente un passo nel quale, più o meno, si diceva: “Anche Croce la pensa come me”. Poi, un passo dietro l’altro, pure Marx cominciò a pensarla come lui.
Così, quando fu certo che il vecchio di Treviri, benché zoppicando, lo seguiva bene, realizzò il suo primo cortometraggio, che si chiamava La “menzogna” di Marzabotto. In quell’anno c’era stato un tedesco che aveva negato l’esistenza della famosa strage. Ogni tanto, ancora oggi, c’è un tedesco, più sensibile degli altri, il quale si sveglia di soprassalto, gridando: “I campi di sterminio? Non può essere vero!
L’hanno inventata loro la menzogna, sporchi deportati…”. Poi si riappisola, sognando camere a gas dove sterminare quei bugiardi.
Carlo capì questo tratto del carattere di certi tedeschi e gli girò il cortometraggio contro. Per montarlo, andò a Roma, dalla quale tornò tutto contento: “Cesare mi ha detto, Michelangelo mi ha detto, Tonino mi ha detto, anche Monica ha detto qualcosa…”.
Insomma, era entrato in un battibaleno nella grande famiglia del cinema italiano, come parente stretto dei “grandi”, da sempre.
Però, frequentando tutti quei nomi senza cognome, s’era fatta un’idea sbagliata delle cose perché s’era messo in mente il “cinema d’autore”, infatti da quel momento in poi, gli piovve addosso ogni sorta di difficoltà.
Evidentemente non bastava il nome, ci voleva anche il cognome. Allora si ricordò dei tedeschi, ai quali non aveva più cessato di pensare. La Germania era, pur sempre, anche la patria del suo allievo Marx. Sia come sia, bisogna dire che i vari Karl, Adolf, Wolfgang, Friedrich lo accolsero bene. Fu per questo che, lavorando nella loro tv, si mise, come si dice, vistosamente a “promettere”. Nel frattempo aveva incontrato anche Miklos, ma non Jean-Luc, mentre cercava di tornare nella grande famiglia del cinema italiano per far vedere, finalmente, com’era cresciuto. Ciò che accadde puntualmente nell’occasione del suo primo lungometraggio, che fu Per questa notte, dal quale si capiva chiaramente che non si frequentano i Michelangelo e i Miklos senza trarne qualche giovamento.
Ora Carlo, divenuto Di Carlo, si accinge a girare il suo secondo lungometraggio.
Nel frattempo il cinema è morto e, più del cinema, è morto il “cinema d’autore”.
C’è da chiedersi come farà, adesso, uno sfacciato di tali dimensioni (Carlo di Carlo) a rinunciare alla condizione floreale dell’artista, per mettersi ad esercitare semplicemente una professione, alla maniera di tutti, nel mare degli audiovisiv
i.
Renzo Renzi
P.S.: A proposito: che sia mio figlio?

La Cineteca ha acquisito recentemente il Fondo Carlo di Carlo, di carte, sceneggiature, fotografie che ripercorrono l'attività del regista e le collaborazioni con altri importanti cineasti (primi tra tutti Pasolini e Antonioni); il fondo è arricchito anche dall'acquisizione di tutta l'opera di Carlo di Carlo in pellicola (conservata presso l'Archivio Pellicole della Cineteca).

18/03/2016, 19:35