ABBRACCIALO PER ME - Una famiglia e il disagio mentale
Cosa significa l'aggettivo "televisivo"? Per saperlo basta guardare il film di
Vittorio Sindoni che ha tutte le caratteristiche per meritarsi la definizione.
Partendo da una storia di impegno civile, una storia "alta" per così dire, come la convivenza e l'accettazione della malattia mentale, si costruisce una sceneggiatura inattaccabile sotto il profilo del contenuto, priva di ogni scorrettezza e ricca di luoghi comuni e di valori cari al pubblico italiano di una certa età. Il prete saggio, il marito fedifrago, il professore e l'ospedale cattivo, il centro di recupero buono, per condurre per mano lo spettatore su una strada che conosce già a menadito.
Alla storia si aggiungono i dialoghi: tutto è ribadito almeno una volta, e il nome del protagonista Ciccio è ripetuto nell'arco del film almeno 170 volte, di cui 120 dalla madre, come a voler sottolineare un amore per il figlio che altrimenti non sarebbe chiaro abbastanza. Calcolando il tempo, pause comprese, che si impiega a pronunciare 170 volte la parola "Ciccio", si fa presto a sprecare due minuti di film e di relativa vita di ogni spettatore. Se si è a casa sul divano, tra un semolino e un salto in toilette va bene; altro conto è se si è al cinema...
Dallo scritto alla regia.
Vittorio Sindoni, anche se un po' se ne lamenta, ha il merito di aver prodotto il film quasi da solo, senza contributo ministeriale o l'intervento della Rai che ancora non ha comprato il diritto d'antenna. Sindoni è un bravo artigiano che ha lasciato il cinema più di 30 anni fa, passando a dirigere un gran numero di fortunate serie televisive di finzione. Ma, come detto, la tv non è il cinema e partendo dallo stile di ripresa, fino al modo di recitare degli attori, lo stampo televisivo è indelebile, almeno in questo prodotto.
Dalla regia agli interpreti.
Stefania Rocca recita in un improbabile siciliano, dimenticandolo verso la fine del film. Sempre di un paio di toni sopra il normale, struttura il suo personaggio su con un'unica forma, quella del contraddittorio. La sua Caterina è contraria a tutto quello che accade e questo atteggiamento è contagioso nei rapporti familiari dove, sin da subito, tra lei e il marito (Vincenzo Amato), la figlia (Giulia Bertini) e il figlio problematico (Moisé Curia), è causa evidente delle frizioni quotidiane.
Il gruppo degli attori rimane monocorde e dall'inizio alla fine non ha occasione di variare il proprio atteggiamento arricchendo il personaggio e la vicenda.
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Abbraccialo per me" è pura televisione e la poca attinenza con il cinema gli fa perdere in modo non marginale, anche quell'effetto di denuncia sociale che il tema avrebbe potuto portare alla ribalta.
16/04/2016, 10:23
Stefano Amadio