Note di regia di "Europia"
Alla settima volta che viene rimandato in Italia dalla Francia, nel tentativo di raggiungere la moglie, un ragazzo sudanese ci dice: “I'm going to kill myself in Europia”. Non sappiamo se è una storpiatura volontaria o solo un errore di pronuncia. Per noi “Europia” è la crasi tra “Europa” e “utopia”: il sogno di un mondo nuovo, aperto e accogliente, dove una nuova vita è possibile, si sgretola di fronte alla reale condizione di rifugiato nella gestione europea della crisi umanitaria. Quando la parola “Europia” è entrata nel nostro immaginario eravamo a Ventimiglia. Stavamo già raccogliendo immagini, testimonianze ed emozioni, qualcosa che non sapevamo cosa sarebbe diventato.
Negli ultimi due anni il nostro lavoro di filmaker inviati ci ha permesso di attraversare numerose frontiere: Iraq, Turchia, Siria, Tunisia, Libia. Siamo stati testimoni delle cause della crisi umanitaria e dei relativi effetti. Abbiamo osservato e filmato dal ponte di una nave della Guardia Costiera, fino alle macerie di Kobane. In Libia abbiamo capito l'apartheid: vite umane diventare merci, sfruttate all'osso prima di essere imbarcate sui gommoni, cadaveri di migranti naufraghi cercati in mare per poter rubare loro il denaro dalle tasche. In certe zone della Libia abbiamo visto come tutta la società sia coinvolta nello smuggling e quanto siano opache le relazioni tra le forze in campo atte a contrastare il traffico di esseri umani.
Siamo andati Ventimiglia quando è giunta la notizia di uno sgombero imminente del Presidio Permanente No Borders al confine italo-francese. Eravamo già stati lì, prima della nascita del Presidio, in occasione della marcia di solidarietà contro una violenta manifestazione di estrema destra francese. Di lì a poco è nato il Presidio, “La Bolla” come la chiamano alcuni attivisti, e sono arrivate anche le notizie di un possibile sgombero. Abbiamo deciso di documentare i fatti di Ventimiglia senza sapere cosa avremmo riportato. Abbiamo deciso di “immergerci” nella realtà degli scogli di Ventimiglia e nelle diverse prospettive dei suoi occupanti per osservare, ascoltare e vivere in prima persona l'inizio di una storia di lotta e di solidarietà.
Siamo andati a Ventimiglia più volte, vivendo insieme ai profughi sulla frontiera per circa tre settimane. Le storie che abbiamo ascoltato ci hanno portato nella jungle di Calais dove tutti parlavano della Libia e del mare come dei momenti più difficili del viaggio. Allora siamo tornati in Tripolitania per vedere le carceri di cui tanto avevamo sentito raccontare.
Nel documentario troviamo personaggi che, per la centralità delle interviste o per la loro forte presenza, potrebbero sembrare gli unici protagonisti del nostro racconto. In realtà la loro storia di fuga, sfruttamento e paura appartiene a decine migliaia di uomini e donne. Ci è stata raccontata una storia drammaticamente attuale che vorremmo condividere con tante altre persone.
La sera che ci siamo presentati in assemblea a Ventimiglia, prima di iniziare a riprendere, il clima era di grande apertura e accoglienza nei nostri confronti, ma quando il giorno dopo abbiamo acceso la telecamera, abbiamo sentito della tensione. Allora ci siamo fermati. Il tempo trascorso “a camera spenta” con i migranti e i solidali a Ventimiglia, così come a Calais, il fatto di vivere, mangiare sugli scogli con loro, ci ha portato quella fiducia senza la quale Europia non esisterebbe. Con il passare dei giorni, la telecamera sempre più accesa è diventata anche una protezione da incursioni fasciste notturne, alimentate da una forte campagna mediatica secondo la quale i terroristi arrivano con i gommoni e si trovano tra quelle persone, sono quelle persone. La drammatica cronaca di questi mesi e le indagini sugli episodi di terrorismo sembrano smentire tale teoria.
Europia è interamente prodotto da noi due. Un piccolo lavoro, fatto con un budget ridottissimo, molta passione e una produzione in cui abbiamo rivestito tutti i ruoli. Alcune immagini sono di amici e colleghi come Cosimo Caridi, Andrea Vignali e Andrea De Aglio. Alcuni frame girati con il cellulare, ci sono stati consegnati da fonti paramilitari libiche che vogliono ovviamente rimanere anonime. Per il montaggio del documentario ci siamo affidati alla consulenza di amici professionisti come Emanuele Svezia, Lidia Ravviso e Valerio Muscella. Li ringraziamo per i preziosi consigli così come i giornalisti e i colleghi con cui ci siamo confrontati.
Fabio Colazzo e
Sirio Timossi