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TGLFF31 - Narrazione del mondo islamico al TGLFF (parte 1)


Un percorso trasversale tra le pellicole del festival legate alla cultura islamica


TGLFF31 - Narrazione del mondo islamico al TGLFF (parte 1)
Balcony
Durante il venerdì del TGLFF 2016 si è parlato di religione (con la proiezione di alcuni cortometraggi uniti sotto il titolo 'Liberaci dal male') e di mondo arabo (con il focus 'Tunisia: quale primavera'), ma le pellicole presenti al festival dove la cultura islamica influenza - più o meno in profondità - la narrazione sono state molte.

In un mondo dove il nuovo sindaco di Londra è musulmano e ha origini pakistane, è ormai la norma incontrare anche nella vita comune della ‘società occidentale' (e quindi nel cinema che la racconta) storie influenzate dall'Islam, in particolare parlando di quella che viene definita 'la seconda generazione': figli di immigrati, nati in occidente e ponte tra due culture. Ed è secondo queste due direttrici (paesi d'origine e paesi d'emigrazione) che si biforca anche la riflessione sulla narrazione dell'omosessualità nel mondo islamico al TGLFF di quest'anno.

Unico esempio 'misto', il disincantato e cinico cortometraggio tunisino Boulitik di Walid Tayaa mostra tre storie che sono più attimi rubati: cosa si cela sotto l'ignavia e il disinteresse del primo protagonista che, in sottofondo alla sua giornata trascorsa pigramente in un appartamento parigino, sente raccontare alla radio gli episodi tunisini? Cosa suscita in un anziano pescatore la vista di un giovane aitante che si getta dagli scogli? E soprattutto: quali pensieri animano il figlio capellone di un candidato alle prime elezioni tunisine mentre il padre prova in casa il classico (populista e vuoto) discorso elettorale?
Ad eccezione di questo esempio, che parla di Parigi come di Tunisi unendole sotto la stessa apatia dei giovani di fronte alla politica, e del greco 7 Kids of Wrath, di Christos Voupouras, lungometraggio che in parte affronta il mondo dei nuovi maschi immigrati (è egiziano e arrabbiato l'amante del protagonista) le altre pellicole rispecchiano nettamente le due categorie che abbiamo evidenziato: se quelle ambientate nei paesi arabi affrontano sempre il tema dei diritti e delle difficoltà che vivono gli omosessuali in questi paesi, nei racconti ambientati in occidente l'Islam è parte più o meno secondaria della narrazione, in alcuni casi strumentale al dipanarsi della storia, ma mai problematizzato.

Mentre nell'australiano All About E di Louise Wadley la famosa dj di origini libanesi E durante una fuga si rifugia dai genitori accompagnata da un finto marito (in realtà il suo migliore amico gay) nascondendo la propria omosessualità, nel tedesco Wo willst du hin, Habibi? di Tor Iben il protagonista, figlio di turchi, dopo il suo outing deve vivere dallo zio, salvo riconciliarsi nel finale buonista (non ci sono stati né confronto né elaborazione) con il padre: in entrambi i casi i problemi con i genitori sono marginali rispetto alla trama principale e di conseguenza non vengono approfonditi.

Diversamente, l'accettazione della bambina di Nasser di Melissa Martens da parte della madre è sì il nucleo del cortometraggio ambientato nei Paesi Bassi, ma le dinamiche non hanno nulla di specifico rispetto alla cultura islamica (il padre che rispetta per primo l'identità maschile della figlia rompe a priori gli schemi di un Islam rigido e patriarcale), ci troviamo dunque ad assistere ad una storia come potrebbe svolgersi in ogni casa, di qualsiasi paese e società.

Sorvolando sulla figura perfettamente integrata del pianista di successo libanese che s'innamora - ricambiato - del protagonista dello statunitense Those People di Joey Kuhn, il titolo che più colpisce tra quelli che raccontano gli immigrati islamici è il cortometraggio inglese Balcony di Toby Fell-Holden: lucida e impietosa (quanto efficace, imprevedibile e sconvolgente) visione di ciò che la mente può tramutare in maschera senza vedere il vero volto. Si parla di barriere soprattutto mentali, di ipocrisia, di mentire a se stessi, di colpa innocente e innocente colpa: da vedere, far vedere e rielaborare.

[Continua qui]

10/05/2016, 08:03

Sara Galignano