CANNES 69 - Mal de pierres e Ma Loute
due film francesi agli antipodi
Meno male che i critici cinematografici non sono il “vangelo” e che sovente i loro giudizi non coincidono con quelli del pubblico che ama o non ama i film senza condizionamenti, ma semplicemente perché “va dove lo porta il cuore”. Nel 2016, ma già da diversi anni la Francia è leader europea per il cinema: qualità dei film e produzione. Quest’anno per la competizione ufficiale sono stati scelti due lungometraggi che a mio parere esulano dal loro valore cinematografico:
Mal de pierres di Nicole Garcia e
Ma Loute di Bruno Dumont.
L’attrice e regista di Oran è une habituée del concorso di Cannes . I suoi film non sono mai stati eccellenti in quanto troppo cerebrali e mai completamente spontanei. Però hanno una buona fattura artigianale e un senso estetico. Inoltre, e in particolare per
Mal de pierres, l’attrice Nicole Garcia ha saputo scegliere gli attori adatti ai ruoli. Nel caso specifico
Marion Cotillard è brava, anche se non eccellente, nel ruolo di una giovane della “borghesia rurale” che vive di esaltazioni sentimentali che la rendono instabile nei suoi rapporti sociali. La bella e un tantino tenebrosa Gabrielle, è in un certo qual modo una Emma Bovary minore che si rifiuta di morire di un amore incatenato.
Mal de pierres, trasposizione del romanzo di
Milena Agus, è ben strutturato ma lento ritmicamente e scontato nella trama, anche se presenta un pizzico di mistero. Stupendo per le immagini, ma soprattutto onesto in quanto filma con partecipazione sincera e anche femminile le vicende spiacevoli dell’esistenza di Gabrielle posando uno sguardo indagatore anche sulla società rurale francese del ventesimo secolo. Il lungometraggio ha avuto una accoglienza negativa, soprattutto da quei critici che si attende sempre il nuovo, il paradossale e il capolavoro. Ed è ciò che manca al lungometraggio di Nicole Garcia.
Oggi invece è sulle bocche di tutti con commenti eccessivamente “laudativi” e in alto nel “borsino” di La Palme d’oro
Ma Loute del regista filosofo
Bruno Dumont che fin ora aveva fatto quelli che alcuni chiamano film seri ma che in realtà sono noiosi. Con
Ma Loute è passato in modo strepitoso alla commedia, alla farsa, allo sberleffo cinematografico. Per far ciò si serve anche di attori professionali. I suoi paradossi narrativi, il suo essere continuamente sopra le righe con una satira che spara sull’ambulanza della società borghese e questa volta anche su quella proletaria però affascina. La dissacrazione costante sciocca ma piace. Ma quello che incanta è l’utilizzo del “setting” spettacolare, direi esotico, e la performance di attori provetti che provano piacere ad essere ridicolizzati, sbertucciati e simbolicamente, “castrati” come dice il superlativo
Fabrice Luchini, personaggio delle storie folli del regista filosofo. Però sono gli attori che hanno accettato di fare il film ad aver ragione in quanto la bravura e grandezza di un commediante si misura anche da come sa rappresentare i personaggi più ridicoli, più “freak”, orribili ma non improbabili. E grandi lo sono anche nella loro ridicolaggine… E allora per la gloria vale la pena di essere trattati a pesci in faccia dal filoso regista Bruno Dumont che quest’anno potrebbe anche essere “impalmato”.
Mal de pierres di Nicole Garcia filma con meticolosità ed estetismo la storia di Gabrielle e delle sue passioni sentimentali vere o presunte.
Con Ma Loute di Bruno Dumont siamo nel 1910, l’obeso e ridicolo ispettore di Polizia Machin, l’uomo che “levita” più di Santa Teresa d’Avila, indaga in modo molto approssimativo su alcune scomparse misteriose nella baia di Slack nel nord della Francia. Invece di ritrovare i dispersi s’imbatte in due famiglie estremamente singolari e in amori inaccettabili per l’epoca.
19/05/2016, 18:02
Martine Cristofoli