Note di regia di "Mothers. L'Amore che cambia il Mondo"
Il viaggio, la conoscenza, l’altro.
Ho cercato di approcciarmi a questo progetto, a questo lungo viaggio nel mondo con WeWorld senza retorica, in modo puro, quasi con gli occhi di un bambino che per la prima volta vede una cosa nuova, oscurando per un periodo nella mia memoria le immagini di libri e filmati su questi 5 paesi: Italia, Benin, Cambogia, Nepal e Brasile.
Un viaggio non turistico, un viaggio antropologico e sociale, empatico.
L’uomo per natura è sedentario e il viaggio presuppone un movimento, un continuo movimento, una curiosità di conoscenza, per superare ostacoli, paure verso l’ignoto.
Partendo da un sud Italia pieno di contraddizioni, quasi un flash back negli anni ’50.
Il Borgo Vecchio di Palermo, sembra non esistere. Un quartiere di tre, quattro strade, nel pieno centro, bimbe madri a 13 anni, lavori occasionali da venti euro per la sopravvivenza quotidiana, case senza acqua, luce e gas, garage che diventano abitazioni.
Passando per le case di fortuna degli indios del Ceara dei Sem Terra (MST) che occupano i Latifundio (terreni improduttivi) per poter vivere e coltivare la “loro” terra, lontano dai centri abitati troppo cari per le abitazioni e pericolosi a causa della prostituzione e della droga.
Come le case dei villaggi contadini del Benin, del Nepal, della Cambogia, dove troppo spesso le abitazioni non hanno servizi igienici adeguati, dove sono sempre le donne che si occupano del menage famigliare, dei loro figli e della stessa incolumità verso uomini molto spesso violenti.
In villaggi per mesi isolati dalle piogge, alle donne ci son voluti molti anni per superare questo isolamento, per poter capire e successivamente riuscire a denunciare cosa subivano, per superare quella abitudine, quella normalità culturale, per far approvare leggi sulla violenza.
Grazie a donne come Maria da Pena, Erbenia e Summina, che hanno denunciato, sostenuto, aiutato e dato voce a migliaia di altre donne, di madri. Popoli che “tranquillamente” possono sparire come foreste, fiumi, perché realtà troppo piccole e povere per potersene occupare.
Viaggiamo per confermare la nostra identità, per scoprire popoli e continenti che esistevano già.
Ma per gli europei la conoscenza, la scoperta hanno voluto dire per secoli sottomissioni culturali e religiose verso popoli che avevano le loro radicate tradizioni fin quando la conoscenza antropologica e non dominatrice ha lasciato spazio all’ascolto.
Da qui sono partiti gli operatori espatriati delle ONG che lavorano sul campo con una visione empatica di ascolto e rispetto. Tutti i ragazzi di WeWorld lavorano, studiano e ascoltano le “diversità” dei popoli per sostenere e promuovere un miglioramento delle condizioni sociali, educative, economiche, attraverso il microcredito e l’insegnamento, per dare alle donne e ai loro figli la consapevolezza delle violenze subite. Riescono con difficoltà ad avvicinarsi, a superare le diffidenze accumulate in secoli di sottomissione e violenze e cercano di far convivere e compenetrare le diversità fondendole nel rispetto reciproco.
Un anno intenso, doloroso, gioioso, faticoso, fondendo pensieri, culture e razze per uno straordinario confronto con persone distanti ma così vicine a noi.
Fabio Lovino