Note di regia di "Strane Straniere"
Radi, Sonia, Sihem, Ljuba e Ana. Ho scelto di raccontare le storie di queste donne, così diverse tra loro, perché hanno trasformato una condizione di difficoltà in un loro punto di forza. Sono state in grado di vedere un paese con lo sguardo di uno straniero che non si limita ad accettare una situazione, ma, nel tentativo di integrarsi, ha un’idea forte per reinventare la sua vita e ricominciare da zero.
La diversità e l'emarginazione sono temi che mi appartengono e negli ultimi lavori l'esperienza mi ha portato a cercare un nuovo punto di vista, con cui raccontare questi temi e allo stesso tempo riuscire a suscitare un'emozione nello spettatore. In Fuoristrada, documentario che ho diretto tre anni fa, le protagoniste sono creature ai margini di una società che le osserva e le giudica come diverse. Eppure, andando oltre la barriera dello stereotipo, hanno trovato un loro posto nel mondo, mettendo insieme una famiglia non convenzionale, piena di vitalità e di affetto. In Strane Straniere le storie di queste donne s'intrecciano per la loro somiglianza e ci forniscono una nuova, inesplorata, condizione del migrante, dello straniero, in Italia. Delle loro vite e dei loro caratteri, così diversi, mi ha colpito la tenacia, l'inventiva, il coraggio con cui hanno scelto di andare avanti nonostante i problemi che comporta adattarsi a una società nuova, con una lingua e una cultura ignote, lontane da quelle dei loro paesi. Il tema dell'identità è insito in ognuna di queste storie e il racconto del loro quotidiano ci fa entrare nei loro mondi, senza spiegare chi sono o da dove vengono, ma facendo irruzione in medias res in momenti piccoli e grandi delle loro vite. Ho scelto di intrecciare le loro storie, quasi potessero fondersi in unico personaggio, attraverso un montaggio parallelo che lega sequenze diverse seguendo un accordo emotivo. Il passaggio da una protagonista all’altra avviene attraverso un tema che ricorre, uno stato d'animo, un contrasto di sentimenti, una pura somiglianza visiva, dovuta allo stile fotografico, o alla definizione di un ambiente. Il fatto che siano donne mette in risalto la capacità di un genere che soprattutto nelle loro culture, dalla Cina, alla Tunisia, è stato penalizzato per lungo tempo e in alcuni casi, lo è tuttora.
Per questo ho avvertito la necessità di fare un film, perché non è scontato che queste donne siano riuscite a emanciparsi e a trovare una loro strada, di autonomia e indipendenza, lontano dal loro paese d’origine.
Elisa Amoruso