Note di regia de "I Medici"
Dirigere un film in costume è sempre una sfida interessante, perché richiede una comprensione profonda di una cultura lontana e un’empatia nei confronti di personaggi vissuti in contesti molto diversi dal nostro. Bisogna cercare di pensare come loro, di immergersi nel loro mondo, di solito in poche settimane. Notti spese a fare ricerche storiche, ovviamente, aiutano a calarsi nella situazione e a cogliere la dimensione universale del dramma umano, ma ciò che il regista desidera veramente è assaporare la vita quotidiana dell’epoca, in modo analogo a ciò che accade quando si viaggia in un paese straniero. Nel nostro lavoro, il diavolo si annida proprio nei dettagli. Sono le piccole cose della vita che rendono autentica e vera una storia per il grande e il piccolo schermo. Il pubblico, oggi, è molto sensibile alla verosimiglianza e noi ci impegniamo al massimo per ottenerla.
Paradossalmente, è stato proprio Cosimo de’ Medici ad avermi aiutato a comprendere il suo mondo. Lui e gli altri protagonisti del Rinascimento italiano hanno lasciato in eredità moltissime opere d’arte, che illustrano visivamente ogni aspetto della loro vita. Ho cercato di individuare il maggior numero possibile di dettagli nelle opere artistiche e architettoniche del Rinascimento e giorno dopo giorno, gradualmente, ho cominciato a farmi un’idea della vita nel quindicesimo secolo, a “sentirla”, e ho cercato di trasferire quel sentimento nella messa in scena.
Cosimo era un uomo straordinario, senza dubbio. I suoi ideali umanistici coincidono ancora, dopo sei secoli, con le nostre insoddisfatte aspirazioni all’uguaglianza e alla libertà. Sotto molti aspetti, Cosimo conosceva la vita meglio di noi. Lui e i suoi amici ci hanno insegnato a pensare. La moderna visione del mondo della società occidentale è stata letteralmente costruita dagli uomini e dalle donne del Rinascimento toscano.
È stato enormemente d’aiuto anche poter girare nelle cittadine toscane del Cinquecento. Tra l’altro bisogna ricordare che, antichi come sono, all’epoca in cui furono costruiti, quei palazzi erano l’equivalente dei moderni grattacieli all’avanguardia. È stato un colpo da maestri da parte dei produttori ottenere i permessi per girare in quei luoghi, e il risultato è splendido. Nei loro costumi meticolosamente riprodotti, i nostri attori hanno ridato vita a quelle vecchie mura, che – ne sono convinto – ci hanno parlato, arricchendo la nostra storia con molto più di una presenza silenziosa. Suona un po’ mistico, lo so, ma quando si è consapevoli che nelle stanze in cui si sta girando si sono realmente svolti alcuni degli eventi raccontati, nella mente si accende la magia.
Anche il casting è stato pura magia. Oggi non è facile scegliere gli attori per una serie di 8 ore, perché tantissimi sono i progetti televisivi in produzione e la competizione è alta se si vogliono trovare dei buoni attori. È fantastico però il fatto che gli attori scelgano le sceneggiature con cui si sentono in sintonia. I testi di Frank hanno attirato un cast fenomenale.
Gli attori sono stati una vera e propria forza creativa con cui lavorare. La loro fede nel personaggio era assoluta, la loro dedizione alla verità non conosceva flessioni. Erano alla costante ricerca di un modo per rendere le situazioni e i dialoghi in sintonia con i giganti che ci osservavano dagli affreschi sulle antiche mura toscane.
La nostra storia di Cosimo non è una biografia storica. È un racconto di finzione basato su aspetti noti della sua esistenza. Lo vediamo negli anni della giovinezza, un periodo della sua vita che contribuisce a trasformarlo nello straordinario umanista e mecenate delle arti che il mondo conosce. Abbiamo cercato di mostrare il doloroso processo che l’ha portato a diventare un libero pensatore. Sono stato fortunato, perché Richard Madden è riuscito, con incredibile naturalezza, a calarsi nel personaggio di Cosimo de’ Medici. Richard ha capito fino in fondo il suo dramma personale. “Indossa” Cosimo senza riserve. È lui.
E lo straordinario alchimista, Dustin Hoffman, ha colto perfettamente l’essenza della cultura patriarcale del Medioevo con il suo peculiare realismo, e ha messo il nostro Cosimo di fronte alla figura paterna insidiosa e ingombrante di Giovanni. Il suo contributo si è rivelato una gemma per il percorso psicologico di Cosimo.
Milioni di persone visitano Firenze e la Toscana ogni anno. Mi piace pensare che, consapevolmente o meno, cerchino come tutti noi il contatto con gli enormi cambiamenti avvenuti secoli fa in questi luoghi – eventi che ancora oggi ci definiscono. Ci aiuta a restare attaccati ai valori autentici che spesso perdiamo di vista, nella nostra vita dominata dalla tecnologia digitale.
Sergio Mimica-Gezzan