FESTA DI ROMA 11 - "Cinque MoNdi" di vedere il cinema
Poter offrire alla gente uno sguardo differente dal solito, giocare con le loro emozioni, ma soprattutto creare bellezza attraverso immagini in movimento. Il ruolo del regista è, senza ombra di dubbio, un mestiere di grande fascino ed estrema responsabilità, e che chiunque si occupi di cinema almeno una volta avrà sognato di poterlo farlo.
Chi quel mestiere è stato in grado di trasformalo nella propria ragione di vita sono Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Paolo Sorrentino, Gabriele Salvatores e Giuseppe Tornatore, gli ultimi registi italiani ad aver vinto il Premio Oscar, che
Giancarlo Soldi ha riunito nel suo "
Cinque MoNdi" per raccontare da dove nacque il "fuoco sacro" che diede origine a quelle fortunate carriere.
Dalle parole degli intervistati vengono evocati i grandi maestri del passato e i film che hanno scritto le pagine più belle della nostra storia del cinema, ma la vera trovata del doc sta nel non mostrarne le sequenze originali, ma ciò che ne sta dietro, i making off, i backstage, una straordinaria carrellata di "artigiani" intenti a far nascere la propria creatura sul set.
Dal confronto a distanza tra i protagonisti del film, questa volta chiamati a posizionarsi davanti alla macchina da presa, emergono caratteristiche umane e sentimenti che si sublimano nel proprio modo di interpretare il cinema: Sorrentino si dice amante del "mistero", Benigni si lascia sempre "sorprendere" come un bambino, Bertolucci subisce il fascino della "modernità", per Tornatore ciò che rappresenta la sala ha qualcosa di "romantico", mentre Salvatores, a differenza degli americani, ama la "libertà" di poter cambiare e sperimentare in corsa.
Le testimonianze raccolte vanno a formare un manifesto su ciò che è stato il nostro cinema e su ciò che sarà, merce rara che da valore ad un documentario intimo e piacevole, da cui traspare il limpido e cristallino amore di Soldi per la settima arte.
23/10/2016, 15:20
Antonio Capellupo