LUCA MARINELLI - Intervista con Il "Padre d'Italia"
Luca Marinelli è lo splendido protagonista de Il padre d'Italia, ultimo lavoro del reggino
Fabio Mollo, dividendosi la scena con
Isabella Ragonese nei contorni di un introspettivo on the road da un capo all'altro dell'Italia.
Reduce dallo straordinario successo di "
Lo chiamavano Jeeg Robot" e, prima ancora, da una candidatura all'Oscar di "
Non Essere Cattivo", del compianto maestro
Claudio Caligari, Luca si racconta qui in una chiave del tutto intimista. Ci trasporta in una storia dai forti contrasti e ricca di sfaccettature che vanno dalla ricerca di se stessi al desiderio di essere genitori, passando anche attraverso il concetto di identità sessuale.
Ci hai abituato a personaggi sofferti e contraddittori, al limite e spesso con un'unica alternativa possibile come Cesare (Non Essere Cattivo), lo Zingaro (Lo chiamavano Jeeg Robot) e adesso Paolo (Il padre d'Italia),
come li hai vissuti e cosa ti porti dietro di loro?
"Mi sono trovato molto bene e mi porto dietro tutte le esperienze che hanno costituito il farli. Ogni film è un'esperienza di vita che porta con sé tanti ricordi e tante cose molto belle. È stato un viaggio che ho condotto assieme a loro e che credo mi abbia migliorato sotto qualche aspetto della mia interiorità, mi ha aiutato, è stato bello umanamente e professionalmente. Ogni lavoro mi è servito a fare un piccolo passo avanti e anche per questo film è stato così".
Uno dei temi caldi qui affrontati è quello del rapporto tra omosessualità e paternità, come ti poni nei confronti di questa tematica?
"È solo uno dei temi che affronta il film, io penso che la cosa fondamentale sia l'amore e dove c'è amore c'è tutto e non sussistono reali problemi. Una cosa molto importante e anche molto semplice da dire, ma che non tutti forse arrivano a sentire, è che se c'è amore c'è una base talmente forte che mi fa quasi rabbia pensare che altri non lo comprendano però, ecco, non bisogna arrabbiarsi ma si deve avere pazienza".
Cosa ti ha fatto scegliere questo personaggio?
"Io ragiono in maniera abbastanza binaria, elementare quasi, nel senso mi piace una cosa? Mi sento coinvolto? Ho letto la sceneggiatura e c'erano delle esplosioni emotive dentro. Io ricordo di essermi molto emozionato. È anche qualcosa di nuovo per l'Italia affrontare questo argomento quando, in altri paesi, è considerato normale. La storia è ricca di tanti risvolti, non solo l'omosessualità. C'è anche un discorso di amore gigantesco che è l'amore verso se stessi, verso le persone, verso la vita, che la vita è l'amore che tu crei rispettando te stesso. Incontrare Fabio è stato fondamentale perché in qualche modo ti deve piacere il regista con cui andrai a girare un film e questo è successo quando ci siamo visti. Abbiamo iniziato a parlare di altre cose e non del film e io mi stupivo del perché parlassimo anche di argomenti che poco c'entravano. La stessa cosa è accaduta dopo anche con Isabella, si è instaurato un rapporto tra noi tre forte che c'ha permesso di lavorare, di provare, di scontrarci. Importante è stata l'elasticità di Fabio di mandare a quel paese anche una giornata di lavoro e dire 'ok la riproviamo domani' perché ci siamo reinterrogati tutti insieme su una scena e il giorno dopo abbiamo provato a riproporla anche se poi non è neppure andata nel film. Poi è anche importante iniziare a parlare con grazia, senza eccessi, di questo tema senza puntare il dito contro nessuno, magari basta anche solo una frase per sottolineare certi aspetti, giusto un attimo, due secondi del film".
Cosa, secondo te, Paolo vede in Mia?
"Mia è una parte della vita di Paolo che lui non conosce, si trovano e sono un po' gemelli in paura, hanno paura in quel momento. Lei ha bisogno di qualcuno e lui anche, tuttavia è una paura che si esprime quasi inconsciamente in entrambi. Loro si riconoscono, è come quando incontri qualcuno e ti sembra di volerlo proteggere per sempre e questo accade tra di loro e si donano l'uno all'altra".
Chiara Nucera06/03/2017, 08:35