Note di regia di "Di Padre in Figlia"
Affrontare “
Di Padre in Figlia” ha significato per me, ancora una volta, l’impresa difficile e importante di raccontare il mio Paese, la sua storia, le sue trasformazioni.
Un percorso compiuto, in un arco di tempo che va dagli anni ‘50 agli anni ‘80, attraverso le vicende di una famiglia della provincia italiana, con le sue lacerazioni, i suoi legami, i suoi ruoli predefiniti. Un padre che eredita dalla cultura del tempo il suo ruolo di padre padrone e non sa affrontare il cambiamento, l’emancipazione femminile, rimanendo aggrappato al bisogno di tramandare all’unico figlio maschio il ruolo guida dell’azienda di famiglia. E impone scelte forzate di vita alla moglie e alle sue tre figlie femmine.
Donne che saranno capaci col tempo di essere protagoniste delle propria vita.
Una famiglia italiana che come tante famiglie italiane ha affrontato il dopoguerra. E il nostro dopoguerra spesso ha significato emigrazione.
Non è ovviamente casuale quindi il fatto che i titoli di testa delle quattro puntate siano le immagini vere dei nostri migranti che dalla loro terra, la nostra terra, sono partiti per attraversare oceani e raggiungere terre straniere e impiantare lì le loro vite.
Per questo lavoro devo fare una serie di ringraziamenti.
Grazie a Cristina Comencini, che ha ideato questa storia e questo progetto, e alle sceneggiatrici Francesca Marciano, Giulia Calenda e Valia Santella. Avere la fiducia di quattro donne che scrivono una storia con al centro il ruolo della donna nella trasformazione e nel cambiamento profondo del nostro paese, attraversando il ’68, il divorzio, l’aborto, il femminismo, è stata una grande e appagante responsabilità.
Grazie ad un gruppo bellissimo e importante di attori e attrici italiani che ha raccontato con me un pezzo di storia del nostro paese. Grazie a Rai Fiction che ci ha supportato durante tutte le fasi della lavorazione, non ultima quella della condivisione di una colonna sonora importante scandita e arricchita da una serie di canzoni italiane che hanno segnato gli anni e le generazioni che abbiamo raccontato.
Grazie ad Angelo Barbagallo, mio amico di infanzia, a tutta la sua Bibi Film, alla mia troupe, con cui abbiamo affrontato un importante impegno produttivo con sforzi enormi da parte di tutti pur di avere la qualità che il progetto richiedeva.
Grazie ad un territorio, quello del Veneto e di Bassano del Grappa in particolare, a cui devo tanto in termini di ospitalità, collaborazione e ispirazione. Ma anche di insegnamento. Qui la cultura del lavoro, la passione per il lavoro, l’etica del lavoro, fanno la differenza. Ed è spesso, da molto tempo ad oggi, sinonimo di eccellenza, tradizione e modernità.
Riccardo Milani