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Note di regia di "Surbiles"


Note di regia di
Le ragioni del film
Non mi sono mai domandato perché farlo. L’ho semplicemente intrapreso sulla scorta di racconti sentiti quando ero bambino e poi riemersi casualmente diversi anni fa mentre realizzavo “Visos”, un documentario sui sogni. Unico movente per me il mistero e il fascino di quei racconti.

Le ambientazioni
Ho trasposto i racconti nel tempo attuale. Alcuni all’interno di ambienti disabitati e fatiscenti immaginando che le surbiles potessero riapparire tra i ruderi del passato. Altri in ambienti più o meno lindi e colmi di arredi kitsh. Gli stessi che sono oggi in uso e che attestano un’altra surrealtà e un altro tipo di degrado, quello dovuto alla storia recente di quelle comunità e al conseguente smarrimento dei loro codici estetici. Non l’ho fatto per produrre delle denunce ma per dire che i sogni e gli incubi possono riaffacciarsi con le loro feconde suggestioni anche dove le ombre sono state scacciate e tutto è apparentemente in ordine.

La recitazione
Per rendere possibili le recitazioni adotto diversi metodi o stratagemmi che come al solito valgono finché gli interpreti non li capiscono. Poi gli stessi metodi diventano inefficaci e devono essere cambiati. Perché il mio lavoro è volto prima di tutto a preparare gli interpreti poi a mantenere viva la loro impreparazione, affinché non siano costretti a ripetere e ogni volta siano spontanei e se possibile non troppo consapevoli di quello che fanno e che esprimono.

Le inquadrature
Alla fine ho scelto le riprese che mi sembravano più vere anche se in certi casi erano quelle girate peggio, con notevoli sfocature e sobbalzi. Quanto alle inquadrature oggi mi sorprendo, dopo essermi tanto appassionato alla composizione, di provare repulsione per le inquadrature troppo misurate e volute. Oggi propendo per le inquadrature che non si vedono. Quelle che scaturiscono da quello che accade e che rimandano allo sguardo di chi impugna la macchina da presa, lo spirito che osserva e interagisce, che fa parte della scena e che pur essendo invisibile recita, come tutti gli altri interpreti.

Le surbiles
Sono donne apparentemente uguali alle altre a cui accade di vivere uno sdoppiamento mostruoso. Nel sonno o attraverso l’uso di unguenti magici, fra il tramonto e l’alba, abbandonano il loro corpo fisico e penetrano nelle case in cui ci sono dei bambini per succhiare loro il sangue. Possono mantenere le proprie sembianze o trasformarsi in fumo, in vento o in acqua, oppure entrare nel corpo di una mosca o di un altro animale. Questo sdoppiamento e questa metamorfosi vengono attribuiti alla volontà divina o al destino, “s’ustinu”, circostanza fatale e oscura che permea la cultura del mondo rurale della Sardegna.
Inizialmente le donne surbiles sono inconsapevoli di esserlo. Tant’è che da parte della comunità non c’è condanna morale nei loro confronti e nonostante il timore che suscitano vengono considerate innocenti. In altri casi e col tempo lo sdoppiamento e la metamorfosi si accompagnano alla consapevolezza, al dolore e al terrore del proprio stato.
Per difendersi da queste donne si ricorre a semplici oggetti d’uso domestico messi in posizione rovesciata, oppure a un pettine, a una falce dentata, a un rosario o a dei granelli di semola. La surbile li conta e contando si incanta, perché non riesce a contare oltre il numero sette. Così ricomincia ogni volta da capo, fino all’alba quando è costretta a rientrare nel proprio corpo.






Origine della leggenda
Sono storie che appartengono a un mondo ormai quasi estinto, anche se non molto distante nel tempo, di cui i più preferiscono non fare memoria. Infatti ho trovato difficoltà a raccogliere le stesse testimonianze che fino a non molti anni fa si offrivano copiose e spontanee. I tempi a cui rimandano sono quelli in cui la mortalità infantile era elevatissima, soprattutto nella fase dello svezzamento. E viene naturale oggi pensare che la surbile non fosse altro che una costruzione fantastica su cui trasferire la responsabilità delle madri e la ragione di tante morti inspiegabili. Attualmente in quegli stessi paesi della Sardegna i bambini hanno smesso di morire, anche perché hanno quasi smesso di nascere. Alle povertà del passato e agli sconvolgimenti dovuti al sopravvenire della modernità sono succedute altre e inattese forme di povertà e il fenomeno drammatico dello spopolamento.

Altre ragioni a posteriori
Ora che il film esiste, affiorano altre ragioni. Queste donne surbiles apparentemente così lontane dal nostro tempo richiamano l’incerta relazione tra la veglia e il sonno e tra il corpo e lo spirito. Incarnano l’inquietudine e la paura e ripropongono l’universale conflitto tra il bene e il male. Lo fanno in una prospettiva inaspettata, del tutto interiore. Alludono al doppio e al demone che alberga in un medesimo individuo. Il male e il nemico non sono “l’altro”. Non sono altrove. Stanno dentro di noi. Nelle surbiles c’è dolore e sia pure in modo distorto c’è amore. Rimandano infine a un sapere dimenticato o rimosso di cui fa parte quell’umano e civile sentimento di pena che la comunità provava nei loro confronti.

Giovanni Columbu