Note di regia di "Romanzo Famigliare"
È stato molto bello poter fare questo lavoro per la televisione, pensato per un pubblico televisivo, eterogeneo.
Immaginare una narrazione più popolare, sforzarsi di essere per tutti senza rinunciare alla complessità della natura umana. Prima ancora che di regìa, è stato un grande sforzo di progettazione e di scrittura. Con l’eccitazione, l’umiltà e anche la sbruffoneria di quando si fa per la prima volta una cosa nuova. Imparare un metodo, una tecnica, vedere tante serie tv, vecchie, contemporanee, tirarsi giù le scalette delle più belle, copiare, e poi fare di testa propria. Andare anche a rileggersi i grandi narratori che scrivevano a puntate, come Balzac, Dickens, Tolstoj, ma non per pretenzioso cervellotismo, al contrario, per ricercare alla fonte una narrativa che è soprattutto popolare. Scrivevano tutti per l’appendice di una rivista, i feuilleton, anche se poi chissà perché è divenuto un dispregiativo.
Due anni di scrittura. Sapevamo dove saremmo arrivati, avevamo il finale ben chiaro, ma nel lungo tragitto di dodici episodi ci siamo fatti guidare dai personaggi, li abbiamo lasciati vivere secondo le loro caratteristiche psichiche e umane.
Altrettanto complessa è stata la progettazione dell’impianto visivo. Volevo che tutto fosse romanzesco, ma vero, per questo ho voluto inserire il mondo della Marina Militare, che con le sue regole, le divise, le navi, i piazzali, le albe in caserma e i tramonti sul mare, richiamasse allo spettatore quello che c’è di arcaico in ciascuno di noi. Era necessaria una città antica e moderna come Livorno, i cantieri navali, Villa Liegi, Mosè il pitone, ogni elemento scelto con attenzione per ricreare un tono narrativo classico, quasi ottocentesco, per poi fargli battere dentro, all’impazzata, un cuore contemporaneo. E così con l’immagine e il suono, la luce, la musica, la recitazione, ho cercato di emulsionare verità e forma. Spero di esserci riuscita. Spero di aver dato una vita vera a questi personaggi: in questo lungo passo narrativo li ho tanto amati, quanto i loro entusiasti, generosissimi interpreti.
Francesca Archibugi