LA MOSSA DEL CAVALLO - In Sicilia come nel Far West
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La Mossa del Cavallo" ha una marcia in più rispetto agli ultimi episodi del Commissario Montalbano. Una marcia produttiva e interpretativa, ma anche di scrittura e di rinnovamento.
Andrea Camilleri scrive una pagina scura della Sicilia post unità d’Italia, quando i piemontesi (gli italiani) gestirono con spregiudicata violenza la situazione nell’isola e in gran parte del meridione.
E proprio il racconto storico, messo in scena da
Gianluca Tavarelli con un significativo e indovinato accento western, è quello che distingue questa nuova operazione targata Rai e Palomar: mettere in scena i romanzi di Camilleri che non siano Montalbano.
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La Mossa del cavallo" è il primo, l’esperimento iniziale che sembra riuscito. Alla ricchezza delle ambientazioni e delle riprese si aggiunge un occhio diverso ai personaggi e alle interpretazioni. Forse più caricati e a tinte forti i caratteri trasmettono subito empatia, quella di cui i familiari personaggi ventennali di Montalbano non hanno più bisogno.
Michele Riondino è il protagonista maschile,
Ester Pantano quella femminile e già i loro profili sono ben definiti, da romanzo che fa sognare lettori e lettrici. Ma sono i personaggi comprimari a segnare il risultato di questo film per la tv; facce giuste, da spaghetti western, che riescono a caratterizzare con puntualità la Sicilia e la situazione sociale di metà ottocento.
Cocò Gullotta, Filippo Luna, Giancarlo Ratti e Maurizio Bologna interpretano le pedine di una mafia nascente, di una grande fascia sociale che vive di prepotenza o si piega con facilità al malaffare per poter campare e di uno stato spesso complice e spesso rigido, incapace di capire e risolvere con la politica i veri problemi della regione.
Il film di Tavarelli sfrutta al meglio un buon romanzo di
Andrea Camilleri e fa ben sperare per i futuri progetti produttivi, sia su altri libri dello scrittore sia su nuovi episodi di Montalbano.
23/02/2018, 10:34
Stefano Amadio