Note di regia di "L'Ultima Nicchia"
Ricordo bene com'è iniziata “
L'Ultima Nicchia”. Ducrot si era appena trasferito in un atelier più grande. Vado a vederlo.
Appena superata la porta, sono costretta ad alzare il mento: la gabbia di metallo di una statua enorme lasciava poco spazio di manovra attorno a sé. La testa del Santo cozzava contro il soffitto e Giuseppe ragionava sull' ipotesi di bucare il tetto perché il cranio vi entrasse completamente. Avevo già visto Giuseppe realizzare statue di grandi proporzioni, ma quella volta tutto era diverso. Lui sembrava aver raccolto una sfida eccitante e non priva di rischi. La nicchia esterna in cui Sant'Annibale Maria di Francia sarebbe stato installato, era molto meno profonda delle altre: 50 centimetri in meno per una statua alta 5 metri e mezzo, da collocare vicino all'Arco delle Campane della Basilica di San Pietro in Vaticano.
Accendo l'unica telecamera che ho a disposizione in quel momento e inizio a riprendere. Vedo poco con quell'obiettivo, ma mi dico che quella macchinetta va benissimo per descrivere il caos davanti a me. Da quel momento, seguo ogni passo adottando, di volta in volta, una tecnica di ripresa e un formato diversi seguendo l'uso delle diverse materie che Giuseppe usa: dalla creta, al gesso e la resina, fino a un blocco unico di marmo di 60 tonnellate.
Il giorno che ho iniziato a effettuare le riprese, non sapevo esattamente quando le avrei terminate. Io e Giuseppe Ducrot abbiamo lavorato fianco a fianco tre anni e mezzo. Ho girato poche ore, considerando la durata del progetto. Non era previsto un budget e dovevo economizzare al massimo. Non sapevo chi avrebbe potuto essere interessato a un filmato simile, ma oggi rifarei tutto di nuovo. E so che Giuseppe, anche se durante le riprese affermava il contrario, sarebbe felice di realizzare nuovamente una statua altrettanto grande. E anche di più.
Chiara Nano
Estratto da "Conversazioni a Belgrave Square - Primo Autunno" a cura di Marco Delogu Ed. Quodlibet, 2016