RICCHI DI FANTASIA - Lui, lei, la famiglia, la fortuna e l'amore
Chi non ha sognato una volta nella vita di vincere alla lotteria? Nessuno, o almeno siamo stati tanti a farlo. E su questo, sulla massa, che gettano la rete i nostri realizzatori di cinema, dagli sceneggiatori ai produttori, dal regista agli interpreti con il solo scopo di acchiappare, con un'ideuzza, più pesci possibile. Che però continuano a scappare verso altri mari.
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Ricchi di fantasia" è carente proprio nell’aspetto citato nel titolo, sembra tutto già visto, dalla storia, con la vincita non vincita, alla recitazione dei personaggi, loro stessi amplificati e con una deriva più coatta, al finale felice col romanesco, immancabile “volemose bene”.
Sergio e Sabrina (Castellitto e Ferilli) si amano, lui crede di vincere 3 milioni alla lotteria e allora entrambi mollano i rispettivi compagni e con figli, nipote e madre a carico scappano verso la felicità. Ma era tutto uno scherzo e allora, senza un soldo, l’eterogeneo quanto sfocato gruppone, a bordo di un furgone di legno, deve arrangiarsi a colpi di fantasia per non finire in mezzo alla strada.
Ma come per chi ha scritto la sceneggiatura quella che credono essere fantasia è solo lontanamente paragonabile a un’idea originale, credibile, probabile, incapace di non farti chiedere, dopo due scene, “ma che stanno dicendo? ma che stanno facendo?”.
Per
Sergio Castellitto essere sopra le righe nella commedia fa parte della storia degli italiani, popolo sottomesso e mai borghese e misurato. E, a parte che non riesce mai a far ridere, riproporre uno stereotipo come questo non fa che alimentare la sensazione di già visto, dalla commedia dell’arte (strumentalizzata) ad Alberto Sordi (magari). Visto, tutto già visto e sentito.
Sabrina Ferilli cerca di limitare i danni cercando, come detto, di lavorare sull’amplificazione di se stessa. Popolare, un po’ coatta, ma buona e con a cuore la famiglia e l’”omo che amo”.
Il resto del cast prova a creare personaggi e a inserirsi nella vicende, con il solito viaggio per raggiungere la Puglia e giustificare attori professionisti che non riescono a scrollarsi di dosso il bisogno di recitare nel loro proprio dialetto di provenienza.
Un appunto va fatto anche al direttore della fotografia che pare non aver capito che se si fa un croma con auto in movimento, la luce sulle facce dei personaggi deve muoversi .
21/09/2018, 10:14
Stefano Amadio