CECILIA MANGINI - A Nuoro visita la tomba di Grazia Deledda
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La Deledda non era solo una donna: era una grande persona. Ciò che scriveva non era destinato a sé ma era rivolto a tutti, donne e uomini, a un universo di persone con cui voleva entrare in contatto”. Numerose le analogie tra la scrittrice nuorese – Premio Nobel nel 1926 - e la più grande documentarista italiana in attività. Entrambe geniali, autonome e in un certo modo ribelli, Deledda e Mangini hanno aperto la strada alle donne in campi fino a quel momento riservati a soli uomini.
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Lessi le opere della Deledda quando ero molto giovane, e mi colpì molto il suo modo di essere universale”, dice la Mangini. L’Isre, che gestisce a Nuoro la Casa Museo di Grazia Deledda, è l’Ente organizzatore del workshop in cui la Mangini e Paolo Pisanelli hanno lavorato con l’obiettivo di allenare lo sguardo dei giovani a cogliere gli aspetti più significativi della realtà. Per la Mangini, la Deledda meritò senza alcun dubbio il Nobel: “
Quando venne insignita del riconoscimento dissi: finalmente! E’ stato un Nobel strameritato. Avvicinandomi alla sua tomba ho pensato a lei, così piccola, e all’imponenza del suo sepolcro. Mi sono commossa”.
Durante l’ultima giornata dei lavori nuoresi, gli oltre i sessanta partecipanti al workshop hanno potuto prendere parte a un’esercitazione unica: fotografare
Cecilia Mangini sola sul palco, sullo sfondo di alcuni scatti che l’hanno resa celebre.
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Con questa esercitazione Cecilia Mangini è diventata sia soggetto che protagonista della scena: abbiamo voluto così analizzare la figura del totem nella contemporaneità”, dice
Paolo Pisanelli, coautore del workshop di teorie e pratiche audiovisive.
Silvia Saitta01/02/2019, 17:46