Note di regia di "Zulu Rema, che ha Imparato a Volare"
Ho conosciuto Emeer durante le ricerche per la produzione di un documentario sulla street- art in
Tunisia, nel 2015.
Come sarebbe successo a chiunque avesse avuto modo di vederlo danzare ed ascoltare la sua
storia, ne sono rimasta incantata, e tuttavia ho deciso di non inserirlo tra i personaggi del mio
precedente lavoro.
Questo perché ritengo che la forza di Emeer, l’unicità del suo percorso, e la poesia concretizzata
dell’arte come mezzo di emancipazione della persona umana, meritino un racconto a parte.
Perché nella sua storia si intrecciano diversi piani narrativi: una vita che parte in condizioni di svantaggio, ma che grazie alla forza di carattere e alla volontà, riesce non solo a risollevarsi, ma anche a distinguersi e ad eccellere; la potenza dell’arte come forza propulsiva unica, che riesce a trasformare all’estremo l’essere umano, ed infine l’amore genitoriale e filiale, che riescono a trasformare quello che inizialmente poteva solo configurarsi come un dramma, in un percorso di crescita e di sviluppo per entrambi.
Questi tre piani verranno incrociati nel racconto di Emeer, nello stile del biopic, del film biografico, focalizzato sul personaggio principale, attorno al quale ruotano tutti gli altri, con una particolare attenzione al rapporto con il padre.
La storia, che già di per sé ha un potenziale narrativo ed esemplare enorme, ha inoltre un considerevole punto di forza comunicativo verso le giovani generazioni perché si inserisce in un contesto ed utilizza un linguaggio artistico a loro molto vicino e comprensibile: quello dell’hip hop e della break dance in particolare.
Gaia Vianello