A MANO DISARMATA - Una giornalista, la vita e la giustizia
Una giornalista ma soprattutto un essere umano.
Federica Angeli, redattrice de
La Repubblica, racconta se stessa in un romanzo e adesso in un film diretto da
Claudio Bonivento.
La giornalista di Ostia è
Claudia Gerini, vive sotto scorta dal 2013, da quando cioè ha puntato lo sguardo e la penna sulla malavita organizzata che si era, passo dopo passo, impossessata della città, affaccio sul mare di Roma che ormai conta trecentomila abitanti. Ristoranti, bar, stabilimenti balneari, spaccio, estorsione, usura tutto nelle mani di un clan che con metodi mafiosi si è presa Ostia, abbandonata dallo Stato e dalla speranza.
A Mano Disarmata, come ha spiegato il regista, punta sull’aspetto familiare della vicenda, sulle conseguenze che l’inchiesta e le relative reazioni hanno avuto sulla vita privata di
Federica Angeli, dei suoi tre figli, del marito e della famiglia tutta.
Questa scelta, fatta per evitare di ripercorrere strade già viste come Gomorra o Suburra, sostiene il regista, è però piena di lacune e i soli effetti causati sulla propria esistenza da una scelta giusta ma difficile, non bastano per fare un film per il cinema. Nei fatti la sceneggiatura, scritta da
Domitilla Shaula Di Pietro con la collaborazione della stessa Angeli, ha tutte le caratteristiche di un film tv “di una volta”, dove prima assistiamo a un evento e subito dopo c’è qualcuno che, nella migliore delle ipotesi ce lo racconta, nella peggiore ce lo spiega.
Il tutto dunque appare doppio, appesantito da una colonna sonora che sottolinea e che ricorda, quella sì, tante serie e film di successo come il suono cupo e mono tono di "
Soldado" che accompagna le sequenze più drammatiche, ma anche, nel caso del film di Sollima, più spettacolari. Le quasi due ore, se la sceneggiatrice si fosse fidata delle facoltà mentali dello spettatore, senza ripetizioni e spiegoni sarebbero potute durare intorno agli 85 minuti, perfetti per un film con tanti sentimenti e poca azione.
Anche l’inchiesta della Angeli è limitata a un paio di interviste che degenerano in atteggiamenti minacciosi, tutto il resto è raccontato a voce. Non un appostamento, un dialogo con le vittime (non casuale o avuto con conoscenti), una ricerca di prove e informazioni. E questo ha un effetto poco coinvolgente, forse di immedesimazione con la donna e la mamma
Federica Angeli, ma non con la giornalista e cittadina di Ostia che si ribella alla malavita sempre più pericolosa.
Bravi i caratteristi malavitosi con in testa
Mirko Frezza, Rodolfo Laganà e Maurizio Mattioli.
Claudia Gerini viaggia spedita ma con una sola marcia, sempre la stessa dall’inizio alla fine.
Francesco Venditti, suo marito, dà poco al personaggio e alla crescita della situazione, anche lui spesso costretto a dire a parole quello che uno sguardo, non solo d'ascolto, avrebbe espresso con precisione e rapidità.
05/06/2019, 19:40
Natalia Giunti