CANNES CONFIDENTIAL - Thierry Frémaux si racconta
In un festival cinematografico, il giornalista o critico che lo dirige in Italia prende il titolo di Direttore, in Francia e nelle nazioni francofone
Délégué artistique.
Il più conosciuto e il più famoso Délégué artistique è il lionese, canense, parigino
Thierry Frémaux che dal 2004 è a capo del Festival di Cannes, il più importante festival della settima arte.
Il cinquantanovenne superattivo, brillante manager si racconta in “
Cannes Confidential”, 530 pagine di dietro le quinte del Festival pubblicate da Donzelli editore 2018. Sono memorie, in prima persona di un personaggio dinamico e impegnato, direi notte e giorno, a preparare e a dirigere la più grande fabbrica dei sogni e a portare avanti con impegno l’Institut Lumière di Lione. “Cannes Confidential” è il titolo, né carne né pesce, dell’edizione italiana di “Sélection officielle. Journal, notes et voyages” pubblicato in Francia nel 2017.
Il titolo francese è molto più chiaro e pregnante. L’edizione italiana del diario, apre con una prefazione esplicativa per i frequentatori e gli amici italiani del Festival che è quasi una “captatio benevolentia” in quanto il cinema italiano e i suoi personaggi sono sovente presenti nello scritto di Frémaux e non sempre in modo acritico. Il viaggio nel backstage di Cannes e del mondo del Délégué artistique, quello del cinema vivente fatto di film, ma anche di attori, attrici e personaggi del gotha della settima arte ha inizio a Cannes alla fine dell’edizione del 2015 con la Palma d’oro a “I Daniel Blake” e la grande commozione di Ken Loach, oggi ottantatrenne e si conclude con un viaggio “à rebours” al suo inizio. Viaggio estremamente intrigante per chi si interessa di cinema e per chi ha frequentato e frequenta Cannes.
In “Cannes Confidential” si scopre l’uomo Frémaux anche al di là del cinema: l’amante della natura, della musica e dei luoghi che gli appartengono, il ciclista che non esita di andare in bici a Parigi e a Cannes, il buon gustaio e anche en passant, il marito e padre di famiglia. Nella sua dichiarazione d’amore per la settima arte e per Cannes Frémaux tra l’altro scrive «Cannes appartiene a quelli che lo fanno: i cineasti, gli attori, gli operatori professionali, i giornalisti, gli spettatori, i visitatori, i turisti e i cannensi».
L’anno che precede l’evento che mette il cinema al centro del mondo viene ripercorso dal Délégué artistique in un concitato susseguirsi di incontri con star e registi, di aneddoti e storie dal dietro le quinte della Selezione ufficiale. Senza risparmiare giudizi taglienti e inaspettati apprezzamenti, o clamorose esclusioni. Il delicato processo di scelta è preceduto da un lunghissimo lavoro preparatorio che il direttore del Festival descrive in modo magistrale, fino a farci entrare in quello stato di tensione che si conclude con un personalissimo atto decisionale: un no o un sì che cambieranno le sorti di un film.
Un omaggio alla settima arte, rivolto non solo alla comunità del cinema, ma a tutti coloro che il cinema lo consumano, lo amano, e non rinunciano a farsi trasportare dai sogni e dalle emozioni che esso veicola. Il diario si conclude con un pensiero per chi il cinema è andato a farlo altrove. “E la vita continua” come dice il lungometraggio di Abbas Kiarostami, che ne è andato a filmare il cielo, dove avrà ritrovato Michael Cimino. Questo libro avrebbe potuto intitolarsi come il film di Michael Cimino "I cancelli del cielo".
11/06/2019, 07:14
Augusto Orsi